giovedì, febbraio 28, 2008

Riflessioni su traffico e autoorganizzazione.


Prendiamo ad esempio l'uomo. Nei suoi gesti quotidiani più elementari (dormire, mangiare, camminare, difendersi dalle malattie, etc.) l'uomo mette in atto un numero enorme di meccanismi di controllo e adattativi. Se ciascuno di essi coinvolgesse direttamente il cervello, questo organo sarebbe probabilmente inacapace di gestire un tale carico di lavoro, e la nostra "mente" sarebbe schiacciata da un tale onere.
Invece la gran parte delle attività biologiche e metaboliche sono svolte da meccanismi che non si realizzano ad un livello consapevole, ma ad uno molto più in basso: essi sono il frutto della storia evolutiva dell'uomo, vale a dire che si sono formati attraverso il percorso evolutivo, probabilmente quando ancora la specie "homo" non si era neanche caratterizzata come la riconosciamo oggi.
Questi meccanismi sono, in misura diversa, espressione della "auto-organizzazione" dei sottosistemi che si possono individuare - almeno sul piano concettuale - nella nostra specie.
Si possono trarre spunti per ri-pensare, o pensare in modo nuovo, l'organizzazione delle società e delle città in cui viviamo, anch'esse supersistemi organizzativi costituiti da sistemi più semplici interconnessi in modo complesso. Occorrerebbe lasciare che l'autoorganizzazione si manifesti, senza che sia richiesta la gestione centralizzato da parte di sottosistemi o entità singole artificialmente preposte al controllo.
Penso, ad esempio, al traffico veicolare che costituisce ormai un problema cronico delle nostre città. Inserendo opportunamente un elemento di conoscenza, su scala individuale, riguardo la situazione reale del traffico, si potrebbe indurre il l'auto-organizzazione del traffico facendo sì che i singoli automobilisti utilizzino in modo più efficiente la rete stradale, sia sul piano spaziale (sfruttando percorsi alternativi) sia su quello temporale (distribuendosi più equamente nel tempo).
Nell'era della navigazione satellitare, degli stimatori non-lineari e dell'infomobilità tutto questo oggi appare possibile: basti pensare alle tecniche Floating Car Data in studio da diversi anni.

domenica, febbraio 24, 2008

Il frattale in pentola e la storia.


Un esperimento molto comune che si può condurre comodamente in cucina.
Lasciate riposare in una pentola, o un altro recipiente, dell'acqua di rubinetto per un tempo sufficientemente lungo ad una bassa temperatura. Non saprei dire quanto tempo esattamente sia necessario, ma direi che se lasciate l'acqua ferma per un giorno intero nel frigorifero sarà sufficiente. A me è capitato di osservare i risultati dopo aver lasciato distrattamente dell'acqua in una pentola per tutta una notte d'inverno in cucina.
Il sale disciolto nell'acqua si andrà ad aggregare in una struttura irregolare che galleggia sulla superficie, costituita da una incredibile sequenza di grappoli, che assomiglia all'immagine che ho riportato.
Quella struttura ha le proprietà di un frattale, e nasce da un processo di accrescimento progressivo dovuto al fortuito incontro tra le particelle di sale disciolto in acqua tra loro e con l'oggetto galleggiante. Man mano che nuove particelle alla deriva vengono in contatto con una particella già fissata, si forma un legame chimico molecolare ed il nuovo grano di sale si aggrega al solido accrescendolo.
Questo processo è matematicamente descrivibile come Aggregazione Limitata dalla Diffusione (DLA in inglese - approfondimenti e animazioni disponibili su queste pagine della Hong Kong Polytechnic University), che può ben rappresentare il processo fisico di cristallizzazione lontano dal punto di equilibrio. Si perché in condizioni di equilibrio chimico-fisico, non vi sarebbero interazioni tra particelle: tutti i legami possibili sarebbero già formati, e le molecole dell'acqua in moto browniano si opporrebbero al processo di aggregazione del sale.
L'innesco del processo è costituito da un avvenimento accidentale: una coppia di particelle che per prima si è incontrata comincia a fissare altri grani intorno a . Questo evento accidentale fa sì che non troveremo mai la stessa geometria del solido se ripetessimo due volte lo stesso esperimento: qualunque sia la circostanza fortuita che ha portato alla formazione dei primi grani aggregati, essa finirà per caratterizzare l'intero sviluppo successivo e la forma della struttura finale. Impossibile, a posteriori, comprendere per quale motivo il solido ha assunto quella forma e non un'altra altrettanto plausibile, perchè la struttura sarà determinata anche dalla sua storia.

domenica, febbraio 17, 2008

Breve navigazione tra caos, caso e complessità.


La matematica del caos è ben lungi dall'essere matura e sufficientemente sviluppata da potersi applicare a sistemi di grandi dimensioni. Ciononostante essa entra di diritto nel novero delle dottrine che formano il corpus in evoluzione della cosiddetta teoria della complessità. Storicamente, si potrebbe dire che ne sia la progenitrice.
Apparentemente le due discipline hanno poco in comune. I sistemi caotici dei quali si conoscono le equazioni differenziali sono tutto sommato pochi, e tutti si possono dire semplici, nel senso che hanno pochi gradi di libertà - il famoso sistema di Lorenz ne ha soltanto tre, ad esempio. Questo è probabilmente dovuto agli ambiti di studio in cui i sistemi noti in letteratura sono stati sviluppati, perchè i principi del caos sembrano facilmente applicabili anche per sistemi di grandi dimensioni, con molti gradi di libertà, ovvero con parecchie variabili di stato. L'analisi delle misurazioni effettuate lascia infatti pensare che anche sistemi ipoteticamente di grandi dimensioni possano avere in sè una natura caotica (vedi il caso della geodinamo).
La teoria della complessità è nata dalle riflessioni intorno a sistemi con molte dimensioni, quando non addirittura infinite. Quest'ultimo è però un caso a sè, per i risvolti teorici e matematici di cui è pregno: un sistema che avesse infinite dimensioni, o infinite variabili di stato, avrebbe bisogno di un'informazione infinita per essere descritto. Infatti ogni variabile di stato è indipendente da tutte le altre, ed un sistema che abbia infinite variabili di stato potrebbe contenere dentro sè un'informazione infinita, avere una dinamica infinitamente estesa. Probabilmente un sistema del genere sarebbe un sistema del tutto casuale.
Se un sistema di piccole dimensioni (come quello di Lorenz, o come un altro sistema caotico noto in letteratura scientifica) può avere una dinamica talmente articolata, varia e irregolare da poter ben essere scambiato per un sistema casuale, figuriamoci allora quanto può essere sorprendentemente variegata, in teoria, la dinamica di un sistema non-lineare con un grande numero di variabili di stato, ovvero con uno spazio di stato con molte dimensioni. A questo punto non ci dovremmo stupire di una cosa del genere, avendo già osservato cose mirabolanti in sistemi ben più piccoli.
La sorpresa invece viene, nel caso di questi sistemi che possiamo ben dire complessi, quando osserviamo un comportamento del tutto ordinato e regolare, ladove ci saremmo invece aspettati un turbolento disordine sovrano e indomabile. Sarebbe il caso di fare degli esempi, lo so: mi farò perdonare in uno dei prossimi post.
Il russo premio Nobel per la fisica Lev Landau, cui sono dovuti importanti studi seminali sulla turbolenza, attribuiva questa fenomenologia al sommarsi di infinite frequenze o modi nella dinamica di un fluido, in questo modo riflettendo l'idea che i comportamenti complessi dovessero essere generati da sistemi complessi caratterizzati da un gran numero, tendente ad infinito, di gradi di libertà. Oggi sappiamo che aveva torto, che una dinamica complessa può essere figlia di un sistema semplice come quello di Lorenz, e che un sistema complesso può avere una dinamica sorprendentemente regolare.
Se la teoria del caos si occupa dello studio del comportamento irregolare (o complesso) di piccoli sistemi, la teoria della complessità - ammesso che si possa individuarne un perimetro definito - si è concentrata soprattutto sullo studio del comportamento ordinato e organizzato di grandi sistemi (in ciò complessi).
Naturalmente, nessuna sorpresa che un sistema complesso possa avere anche una dinamica complessa.
A mio modo di vedere, anche un sistema "semplice" che manifesti un comportamento caotico può essere definito complesso, perchè tra un sistema e la sua dinamica il legame è molto stretto, ammesso che si possa fare una distinzione.

lunedì, febbraio 11, 2008

Riflessione sull'arte di un fisico-matematico.


In un certo senso, l'arte è una teoria sul modo in cui il mondo appare agli esseri umani. E' ovvio che non conosciamo nei particolari il mondo che ci circonda. Il merito degli artisti è quello di essersi resi conto che ci sono solo poche cose importanti, e poi di vedere quali siano. [...]
Se si considerano le opere più giovanili di Van Gogh, in esse ci sono triliardi di particolari, nei suoi quadri c'è sempre una quantità immensa di informazione. E' chiaro che egli si rese conto di quale quantità irriducibile di contenuto ci si dovesse mettere.
Oppure si possono studiare gli orizzonti nei disegni a inchiostro olandesi dei Seicento, con minuscoli alberi e mucche che sembrano molto reali. Se si guarda attentamente, gli alberi hanno una sorta di confine del fogliame, ma la cosa non funzionerebbe se fosse tutto qui: in realtà ci sono anche, attaccati, pezzettini di materia simili a ramoscelli. C'è un gioco ben preciso fra le testure più tenui e le forme con linee più marcate. In qualche modo la combinazione ci dà una percezione corretta.
Ruysdael e Turner, se si guarda in che modo costruiscono complesse superfici d'acqua, lo fanno chiaramente in un modo iterativo. C'è un qualche livello di materia, e poi materia dipinta su quella, e poi correzioni apportate a quest'ultima. Per quei pittori i liquidi turbolenti sono sempre qualcosa che ha in sè un'idea di invarianza di scala.
Io vorrei davvero sapere come descrivere le nuvole. Penso però che dire che qui c'è una parte con tanta densità e poi una parte con tanta altra densità - accumulare un'informazione così dettagliata - sia sbagliato. Questo non è certamente il modo in cui un essere umano percepisce le cose, e non è il modo in cui le percepisce un artista.
E neppure il fatto di scrivere equazioni differenziali parziali ci avvicina di più alla verità sul problema.
In qualche modo, la mirabile promessa della Terra è che in essa ci sono belle cose, cose meravigliose e seducenti, e che in virtù del nostro lavoro noi vogliamo conoscerle.

Mitchell Feigenbaum (citato in Caos di J. Gleick).

sabato, febbraio 09, 2008

Il battito cardiaco.


Sentiamo spesso dire che il caos deterministico è stato riscontrato in questo o quel fenomeno naturale ormai da più di 20 anni, da quando cioè quasi all'improvviso abbiamo aperto gli occhi su una realtà che avevamo deciso di non osservare, quella dei fenomeni reali non lineari (cioè di quasi tutti i fenomeni reali tout court).
Personalmente uno dei riscontri che mi ha più impressionato è quello del caos nel battito cardiaco umano: in un individuo sano la dinamica del battito cardiaco misurabile con un elettrocardiogramma è caotica, mentra una dinamica regolare è spesso sintomo di una patologia. Anche l'elettroencefalogramma di una persona sana ha dimostrato i tratti caratteristici ed inequivocabili del caos.
Ma cosa vuol dire che si è riscontrato il caos in un fenomeno naturale? Come si stabilisce che un sistema naturale è caotico?
Se di un sistema conosciamo le equazioni allora ci vengono in soccorso gli strumenti dell'analisi matematica, la simulazione al computer che ci permette di studiare come varia il comportamento del sistema al variare dei suoi parametri.
L'insorgenza del caos è sempre preceduta da fenomeni matematici ben individuabili, dei punti di passaggio da comportamenti regolari a comportamenti man mano più articolati: mi riferisco ad esempio al raddoppio di periodo che si succede ad intervalli determinabili e che alla fine sfocia nel caos vero e proprio. Questi percorsi possono essere visualizzati nei diagrammi di biforcazione.
Una caratteristica universale del caos è che il rapporto di convergenza nella sequenza di biforcazioni (la cosiddetta rotta per il caos) che si osserva al variare di un parametro, è quasi costante ed è costante all'infinito. Questo rapporto prende il nome di delta di Feigenbaum, e ci permette di sapere con precisione quando si verificherà la prossima biforcazione in un sistema che evolve verso il caos. Quindi, se osserviamo un rapporto costante e prossimo al delta di Feigenbaum negli intervalli tra una biforcazione e l'altra di una dinamica, abbiamo un indizio importante che quel sistema abbia le caratteristiche del caos in sè e stia evolvendo verso una dinamica caotica per il variare di un suo parametro strutturale (ad esempio la tensione ai capi di un diodo).
Il calcolo dei cosiddetti esponenti di Lyapunov consente di affermare che due traiettorie di stato "vicine" del sistema divergono in media: la conseguenza matematica di questo fatto è la caoticità del sistema (definito dai suoi parametri - per altri parametri lo stesso sistema potrebbe non essere caotico). Questo è naturalmente possibile soltanto se si conoscono le equazioni del sistema, nel qual caso si perviene agli esponenti di Lyapunov per via matematica.
Se invece non conosciamo le equazioni del sistema, allora dobbiamo procedere ad una misurazione della sua dinamica appropriandoci di una serie storica di campioni sufficientemente lunga. Su questa serie misurata possiamo stimare alcuni parametri quantitativi: ancora i coefficienti di Lyapunov, oppure l'entropia di Kolmogorov, o la dimensione frattale, o ancora la dimensione della correlazione. Questi parametri possono dirci se siamo in presenza di caos.
Il caos quindi ha delle tracce ben individuabili, e le sue tracce sono state scoperte in innumerevoli sistemi naturali, sia viventi sia non.

sabato, febbraio 02, 2008

Matematica imbecillità politica bipartisan.


Per la governabilità di un Paese democratico niente è meno auspicabile di un sistema elettorale che porti all'interno delle sue regole il seme della impredicibilità e quello della non equità del peso elettorale dei votanti.
Nel 2006 l'Istituto dei Sistemi Complessi del CNR ha dimostrato come il meccanismo elettorale del Senato abbia caratteristiche impredicibili in modi che ricordano i sistemi caotici: cambiamenti anche piccoli del risultato elettorale possono portare addirittura al ribaltamento dell'esito della consultazione, a causa del premio di maggioranza. A causa di questo meccanismo mal concepito, chi prende più voti in certe circostanze può perdere le elezioni al Senato o comunque risultarne indebolito.
Tra tutti gli esiti possibili delle urne, il premio di maggioranza interviene nell'82% dei casi; per il 2% di tutti gli esiti possibili il "ribaltone" - cioè lo scambio tra vinti e vincitori - è matematicamente certo. Cioè il sistema elettorale varato nel 2005 contiene in sè il meccanismo per annullare la volontà democratica con matematica certezza per alcuni casi ben individuabili, cosa certamente gravissima.
In più del 30% dei casi, poi, l'applicazione del premio indebolisce - invece di rafforzare - la coalizione che ha ottenuto la maggioranza dei seggi.
Certamente non un bel risultato per una legge che si proponeva di aumentare la governabilità per la coalizione che avesse vinto le elezioni assegnandole una quota di seggi aggiuntivi.
Gli autori dello studio (i cui risultati sono stati pubblicati su Le Scienze in un articolo apparso nel settembre 2006, e disponibile qui) mettono in evidenza come le possibilità di questi effetti siano massime nelle situazioni in cui ci siano due coalizioni politiche che competono testa a testa: questo vuol dire che nel caso delle ultime elezioni politiche in Italia la probabilità di ritrovarsi in questo regime di impredicibilità elettorale era massima. Davvero non si capisce come la circostanza sia potuta sfuggire agli organi competenti, visto che la matematica che sta alla base di queste analisi è tutto fuorchè inaccessibile.

Il nuovo sistema elettorale è stato appellato con tutti gli aggettivi meno edificanti del vocabolario italiano. A prescindere dalle considerazioni politiche (semmai se ne possa prescindere in una tal questione) è matematicamente evidente che esso sia inadeguato per una società che si dica democratica.
A chi sospettasse che la legge sia stata fatta a bella posta per garantire la continuità del potere, ricordo che proprio la compaggine di governo responsabile di questa stoltezza ha perso per un soffio le elezioni: dando l'impressione di essere, più che artefice di un progetto sovversivo dell'ordine democratico, sprovveduta autrice di un sistema elettorale di cui non ha compreso il funzionamento. Anche se, per un caso che ha del fortuito, il premio di maggioranza non ha giocato un ruolo fondamentale nelle recenti elezioni dal momento che i suoi effetti su scala regionale si sono poi annullati nel numero passando alla scala nazionale, esso è comunque intervenuto negli esiti di 6 regioni italiane.
Anche se avrebbe potuto andare peggio visto che questa legge agisce nella direzione di rendere più difficile la governabilità del Paese, è certamente grave che un singolo voto pesi diversamente a seconda della Regione in cui è espresso (ascolta l'intervista al prof. Petri su Radio 24).
Se il Centro Desta ha dato prova di ignoranza matematica, il Centro Sinistra in 18 mesi di governo ha saputo fare anche peggio visto che, pur consapevole delle storture del sistema elettorale, è stata incapace di intervenire.
Entrambe le coalizioni politiche si sono distinte per imbecillità e irresponsabilità politica candidando per due volte il Paese al rischio di ingovernabilità con un sistema che non offre esiti elettorali certi ed equi.

domenica, gennaio 27, 2008

La fisica insegnata a scuola.


Il mio incontro con il caos deterministico è avvenuto per i miei studi universitari, verso il termine del mio corso di laurea in ingegneria elettronica, e non sapevo allora che quelle idee mi sarebbero rimaste dentro per anni. Naturalmente questa non può essere un'esperienza condivisa da tutti, e sono quasi certo che la maggior parte dei miei colleghi di allora non rimase altrettanto ispirata da quella scoperta.

Il caos ha infranto dentro di me una sorta di corteccia dottrinaria stratificata nel tempo ad opera degli insegnamenti scientifici ricevuti sin dal liceo, e proseguiti poi negli studi della Fisica, della Matematica e delle altre discipline che fanno parte di un normale corso di ingegneria. Aprì uno spiraglio sufficientemente largo da farmi comprendere quanto debole, imperfetta e distante dalla realtà sia ancora la nostra conoscenza della natura, ed ha eliminato con un soffio la certezza che le scienze cosiddette forti fossero la via infallibile verso la verità.

E scusate se è poco.

E' dal 1963 almeno che questa rivoluzione epistemologica è in atto, ben prima che io fossi nato. Nel 1982 quando iniziavo il mio primo corso regolare di Fisica al liceo scientifico le discipline del caos e la matematica non-lineare erano una realtà non più ignorabile per la comunità scientifica, eppure nessun indizio trapelò a noi studenti nè de parte degli insegnanti nè, tantomeno, da parte dei libri di testo. Una pacifica, stabile, rassicurante e deprimente patina di linearità si poggiava su tutti gli argomenti. Quanto sarebbe stato più stimolante a quell'età accedere alla vaga speranza del mondo non-lineare, invece di restare oppressi da un determinismo lineare senza scampo che non lasciava quasi spazio alla fantasia ed alla vita.

Forse allora era ancora troppo presto.

Ma oggi non è più accettabile che le nuove frontiere della matematica e della fisica non siano neanche menzionate in quei "cenni di" che costituiscono una parte cospicua dei programmi di fisica delle scuole superiori. Neppure il programma del liceo scientifico contiene un minimo riferimento.

In questa situazione che francamente mi sembra ormai non più accettabile, ben venga l'iniziativa nata in seno all'Università di Catania di svolgere una serie di seminari nelle scuole superiori all'interno di un progetto formativo dal titolo: Viaggio all'interno dei sistemi complessi tra interdisciplinarità e nuove tecnologie.

Non mi risulta - ma potrei sbagliare - che ci siano iniziative del genere in altre città d'Italia.


venerdì, gennaio 25, 2008

Complessità e condizione umana.

Chiunque si accosta alle ricerche sulla Complessità rimane attratto dai profondi risvolti sulla condizione dell'uomo.
Segnalo una lettura molto interessante, chiara e scorrevole di Alessandro Cordelli, pubblicata on-line e disponibile a questo link, che offre diversi e notevoli spunti per una riflessione filosofica.

domenica, gennaio 20, 2008

Ipersemplificazioni sul clima.


Credo che l'attività svolta dal IPCC (International Panel on Climate Change) e la sua stessa esistenza siano una buona notizia per noi tutti: questo istituto, che ha sede in Svizzera, si occupa dello studio dei cambiamenti climatici e fornisce informazioni a supporto delle decisioni per la società, i governi e le istituzioni internazionali.
Nell'attuale contesto di pressing mediatico sull'argomento clima qualcuno potrebbe allora faticare a comprendere le ragioni della cautela dimostrata dal IPCC nell'affermare che le attività umane siano con molta probabilità la causa del cambiamento climatico. La relazione causa-effetto è considerata molto probabile nell'ultimo Rapporto Sintetico per i Decisori Politici del 2007 (disponibile qui), era solo probabile nel precedente rapporto del 2001.
La reazione istintiva è forse di sorpresa: come mai solo molto probabile, quando l'opinione comune è che questo nesso sia ormai certo.

Così non è. L'IPCC raggruppa e analizza risultati di ricerche condotte da diversi enti di ricerca sul pianeta, mettendoli in relazione gli uni con gli altri nell'apprezzabile intento di fornire una visione condivisa degli eventi climatici. Per la massima parte questo è un lavoro effettuato con strumenti statistici, e consiste nella correlazione di dati tra loro. Il risultato statistico fornisce una probabilità che due o più serie di dati siano in relazione tra loro. Il nesso causa-effetto in statistica non è mai certo. Diventa certo quando vi è evidenza sperimentale della fenomenologia, e a quel punto diventa comprensibile quando si riescono a scrivere le equazioni del sistema o almeno si riesce a sviluppare un modello artificiale sufficientemente attendibile del fenomeno.
Questo aspetto viene rilevato da molti scienziati nel mondo che hanno spesso un atteggiamento critico nei confronti dell' IPCC, che è accusato di spacciare per scienza ciò che è soprattutto un dossier di osservazioni e per previsione ciò che non può andare al di là di una proiezione di dati ancora da verificare. Le differenze non sono sottili per chi si occupa seriamente di ricerca scientifica, come il Prof. Guido Visconti che ha pubblicato su Le Scienze le sue critiche all'ultimo rapporto dell'istituto svizzero. In particolare Visconti ha messo in guardia da quelle che lui chiama
ipersemplificazioni dovute all'uso di modelli lineari nell'analisi di fenomeni complessi.

Su questo punto sono d'accordo con lui: oggi la scienza è ancora lontana da una vera comprensione del clima, le lacune del IPCC lo dimostrano. Altro punto su cui sono d'accordo è l'ingiustificato catastrofismo mediatico: se le previsioni oggi non possono essere supportate da veri risultati scientifici, allora le conclusioni che parlano di imminenti catastrofi climatiche sono falsità che millantano un rigore scientifico di cui sono prive.

L'ipotesi con cui ci sentiamo istintivamente più confidenti per via del nostro retaggio culturale è quella dell'esistenza di una "legge del clima" profonda e complessa che sfugge alla nostra comprensione: una nuova legge della natura, le cui equazioni sono alla nostra portata, che tuttavia è ancora intangibile a causa delle limitatezza e imperfezione dei nostri strumenti e della nostra conoscenza scientifica. Qualcosa insomma che appartiene all'insieme delle scoperte scientifiche che certamente si faranno nel (prossimo) futuro.
Perfino in questa cornice, però, dobbiamo pensare che il clima potrebbe essere espressione di un sistema complesso e caotico, il cui spazio di stato è finito ma diviso in più bacini di attrazione frattali o "bucherellati" (riddled), ognuno dei quali afferisce ad un attrattore dinamico diverso dagli altri del sistema. Ne basterebbe uno per far sì che questo sistema esibisse una dinamica assolutamente incomprensibile ai nostri occhi, apparentemente casuale. Con un secondo attrattore ecco che vedremmo dei fenomeni che saltano da una dinamica ad un'altra completamente diversa per una piccola perturbazione, talmente diversa dalla fenomenologia cui siamo abituati da apparirci un cambiamento catastrofico. Questo tipo di dinamica ipotetica è del tutto in linea con quella comune delle cronache dei nostri giorni, sia se si parla di cambiamenti cosiddetti repentini (un uragano, un'alluvione) sia se si parla di cambiamenti a lungo termine (es. global warming).
Questa idea non è neanche una vera ipotesi, tuttavia non può neanche essere esclusa allo stato attuale delle conoscenze sul clima del pianeta. Forse le attività antropiche, giustamente al banco degli imputati, potrebbero avere operato quella perturbazione che adesso sta spostando la dinamica del clima verso un nuovo attrattore.
Ma, ovviamente, perfino questo scenario potrebbe essere ancora irrealisticamente semplice per il sistema dinamico clima terreste: tanto vale allora, in questa situazione di totale incertezza, non operarla proprio una tale perturbazione o correggerla al più presto, perché il nuovo attrattore potrebbe essere assai meno confortevole del vecchio. Su questo punto dovremmo essere tutti d'accordo, compresi IPCC e prof. Visconti.
Quella di comprendere a tal punto la dinamica del clima da poterla controllare, e quindi di adattare artificialmente il clima terrestre alle emissioni antropiche è una via molto pericolosa da seguire visto l'esito così tanto incerto. Bisogna accettare l'ipotesi che non avremo mai un controllo sufficiente su sistemi talmente complessi e assolutamente imprevedibili sulle grandi come sulle piccole scale spaziali e temporali: questo è sicuramente l'approccio più scientificamente sensato.

domenica, gennaio 13, 2008

Strane attrazioni.


Il modo più usato per rappresentare graficamente l'evoluzione di un sistema dinamico è quello di disegnarne la traiettoria nello spazio delle fasi: uno spazio avente tante dimensioni quante sono le variabili di stato (o anche i gradi di libertà) del sistema. Ogni punto di questo spazio rappresenta uno stato ben specifico in cui il sistema stesso si può venire a trovare. Se prendiamo l'esempio del pendolo lo spazio delle fasi potrebbe essere costituito dal piano cartesiano individuato dalle due variabili: angolo rispetto alla verticale e velocità angolare del pendolo.
Non tutti gli infiniti punti dello spazio delle fasi (anche detto spazio dello stato) sono punti possibili per il sistema: anzi la gran parte di essi sono punti impossibili e il sistema non si troverà mai in quegli stati specifici. Matematicamente questo vuol dire che quei punti (intesi come combinazione di variabili di stato) non costituiscono una soluzione del sistema di equazioni differenziali che regge la dinamica.
Se consideriamo l'insieme dei punti possibili del sistema ordinato cronologicamente troveremo che esso disegna una traiettoria nello spazio delle fasi, un po' come se seguissimo il volo di una mosca. Lo studio di queste traiettorie dice moltissimo sui sistemi.
In generale lo sviluppo di una traiettoria dipende dalle stato di partenza, cioè dalle condizioni iniziali.
Lasciato evolvere un sistema normalmente esibisce una dinamica di breve termine, temporanea, detta transitoria, ed una dinamica di lungo termine, detta di regime. Questo regime può essere uno stato nullo (pensiamo ad una molla che si scarica, o ad un pendolo al termine delle oscillazioni se non riceve ulteriori spinte) oppure uno stato stazionario. La corrente in un trasformatore è periodica per un tempo indefinito.
Lo stato stazionario che interessa noi è quello caotico. In questo caso, a condizioni iniziali diverse corrispondono traiettorie diverse, che non si sovrappongono mai e non attraversano mai lo stesso punto. Le traiettorie caotiche sono quindi uno svolgersi infinito di una curva nello spazio delle fasi che non si ripete mai due volte uguale neanche per un tratto piccolissimo.
Dovessimo disegnarla, vedremmo che questa curva non si interseca mai. Se ci pensate, questo fatto è in stretta relazione con l'impredicibilità del caos: nel momento in cui dovesse verificarsi una sovrapposione ecco che avremmo un periodo, perchè da quelo momento in poi la curva riprenderebbe a ripetere sè stessa, dando luogo ad un regime periodico che consente facili predizioni della dinamica.
La bizzarra figura geometrica disegnata da questa traiettoria è chiamata attrattore strano: il nome tradisce la sorpresa di quelli che vedendolo per la prima volta non seppero a quale categoria ricondurre quella dinamica ricca e così la battezzarono. L'insieme di tutti gli stati da cui si sviluppano traiettorie che evolveranno con questa curiosa geometria è chiamato bacino di attrazione dell'attrattore.
Uno stesso sistema caotico può esibire più di un attrattore strano, con bacini di attrazione difficilmente distinguibili uno dall'altro o perfino sovrapposti - ad esempio bacini di attrazione bucherellati, o "riddled basins" in inglese, oppure i bacini di attrazione frattali.
In questi casi, un sistema dinamico a regime potrebbe saltare da un attrattore ad un altro a seconda delle perturbazioni che subisce da agenti esterni. Credo di non riuscire con le parole a rendere neanche un po' la complessità che può emergere da un caso del genere.
Eppure la questione non è puramente teorica, ma molto reale, e riguarda il mondo in cui viviamo parecchio da vicino. Un esempio potrebbe forse essere il clima, che così frequentemente merita l'onore delle cronache in questi anni.


lunedì, gennaio 07, 2008

Matematica ancora inadeguata.


I sistemi che ammettono una soluzione sono quelli illustrati nei libri di testo. Essi hanno un comportamento ben definito. Trovandosi di fronte ad un sistema non lineare, gli scienziati cercavano di sostituirgli approssimazioni lineari o di trovare un qualche altro approccio passando per la porta di servizio. I libri di testo illustravano agli studenti solo quei rari sistemi non lineari che si prestano ad essere affrontati con tali tecniche. Tali sistemi non presentano una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali. Sistemi lineari con un vero caos venivano solo di rado insegnati ed appresi. Quando qualcuno si imbatteva in cose del genere - e talvolta accadeva - tutta la preparazione precedente tendeva a farle ignorare come aberrazioni. Solo poche persone riuscivano a ricordare che le vere aberrazioni erano i sistemi risolubili, ordinati, lineari. Soltanto pochi, cioè, capivano quanto non lineare sia la natura nella propria anima.

Enrico Fermi una volta esclamò: "Nella Bibbia non si dice che tutte le leggi di Natura sono esprimibili linearmente!". Il matematico Stanislao Ulam osservò che chiamare lo studio del caos scienza non lineare era come chiamare la zoologia lo studio degli animali non elefanti.


James Gleick - Caos: la nascita di una nuova scienza.

venerdì, gennaio 04, 2008

Cosa è il caos?


Sentiamo spesso dire che il caos deterministico è stato riscontrato in questo o quel fenomeno naturale ormai da più di 20 anni, da quando cioè quasi all'improvviso abbiamo aperto gli occhi su una realtà che avevamo deciso di non osservare, quella dei fenomeni reali non lineari (cioè di quasi tutti i fenomeni reali tout court).
Personalmente uno dei riscontri che mi ha più impressionato è quello del caos nel battito cardiaco umano: in un individuo sano la dinamica del battito cardiaco misurabile con un elettrocardiogramma è caotica, mentra una dinamica regolare è spesso sintomo di una patologia. Anche l'elettroencefalogramma di una persona sana ha dimostrato i tratti caratteristici ed inequivocabili del caos.
Ma cosa vuol dire che si è riscontrato il caos in un fenomeno naturale? Come si stabilisce che un sistema naturale è caotico?
Se di un sistema conosciamo le equazioni allora ci vengono in soccorso gli strumenti dell'analisi matematica, la simulazione al computer che ci permette di studiare come varia il comportamento del sistema al variare dei suoi parametri.
L'insorgenza del caos è sempre preceduta da fenomeni matematici ben individuabili, dei punti di passaggio da comportamenti regolari a comportamenti man mano più articolati: mi riferisco ad esempio al raddoppio di periodo che si succede ad intervalli determinabili e che alla fine sfocia nel caos vero e proprio. Questi percorsi possono essere visualizzati nei diagrammi di biforcazione.
Una caratteristica universale del caos è che il rapporto di convergenza nella sequenza di biforcazioni (la cosiddetta rotta per il caos) che si osserva al variare di un parametro, è quasi costante ed è costante all'infinito. Questo rapporto prende il nome di delta di Feigenbaum, e ci permette di sapere con precisione quando si verificherà la prossima biforcazione in un sistema che evolve verso il caos. Quindi, se osserviamo un rapporto costante e prossimo al delta di Feigenbaum negli intervalli tra una biforcazione e l'altra di una dinamica, abbiamo un indizio importante che quel sistema abbia le caratteristiche del caos in sè e stia evolvendo verso una dinamica caotica per il variare di un suo parametro strutturale (ad esempio la tensione ai capi di un diodo).
Il calcolo dei cosiddetti esponenti di Lyapunov consente di affermare che due traiettorie di stato "vicine" del sistema divergono in media: la conseguenza matematica di questo fatto è la caoticità del sistema (definito dai suoi parametri - per altri parametri lo stesso sistema potrebbe non essere caotico). Questo è naturalmente possibile soltanto se si conoscono le equazioni del sistema, nel qual caso si perviene agli esponenti di Lyapunov per via matematica.
Se invece non conosciamo le equazioni del sistema, allora dobbiamo procedere ad una misurazione della sua dinamica appropriandoci di una serie storica di campioni sufficientemente lunga. Su questa serie misurata possiamo stimare alcuni parametri quantitativi: ancora i coefficienti di Lyapunov, oppure l'entropia di Kolmogorov, o la dimensione frattale, o ancora la dimensione della correlazione. Questi parametri possono dirci se siamo in presenza di caos.
Il caos quindi ha delle tracce ben individuabili, e le sue tracce sono state scoperte in innumerevoli sistemi naturali, sia viventi sia non.

Inversione del campo magnetico terrestre.


Il nostro pianeta possiede un campo magnetico proprio assimilabile a quello di un dipolo magnetico con poli non statici e discostati dai poli geografici di circa 11°.
Il campo magnetico terrestre - o campo geomagnetico - è responsabile della cosiddetta magnetosfera, una sorta di "scudo" magnetico terrestre che si estende nello spazio per diverse decine di migliaia di chilometri e che ha importanti effetti per la sottostante biosfera: ad esempio protegge la Terra dai raggi cosmici e dal vento solare.
Questo campo è oggetto di osservazione da parte dell'uomo solo da pochi secoli, e di misurazione soltanto da qualche decennio. Di esso si sa con certezza che la sua intensità magnetica è variante nel tempo e non-stazionaria, ovvero aperiodica. Wikipedia offre una sintetica ed efficace panoramica sul tema alla voce campo geomagnetico.
Si sa inoltre che questo campo si è spesso invertito nella storia del pianeta, con scambio tra i poli magnetici Nord e Sud. La ragione dell'inversione del campo è ancora incompresa, gli scienziati dibattono vivacemente intorno ad alcune teorie, nessuna delle quali ha ancora trovato un riscontro definitivo. Sono incerti anche gli effetti dell'inversione magnetica per quanto riguarda la vita sulla Terra, anche se non ci sono traccia di estinzioni di massa causate da questi cambiamenti.
C'è un'interessante interpretazione in chiave caotica...

Una di queste teorie si basa sulla descrizione del sistema magnetico terrestre come una grande dinamo (geodinamo in breve), in cui la corrente elettrica è generata dai moti convettivi delle masse fluide che avvolgono in nucleo solido del pianeta - entrambe con grandi contenuti di ferro - e dalle forze di Coriolis legate al movimento del pianeta. La dinamica del campo è quindi effetto della fluido-termodinamica delle masse interne del nostro pianeta che, appunto, si comporta come una dinamo. Un modello ispirato a questa ipotesi - ovviamente deterministico - è stato simulato numericamente su un arco di 300.000 anni ai laboratori americani di Los Alamos con passi di 15 giorni, e la simulazione è accuratamente descritta qui.
Sebbene alcuni ritengano che questo processo sia espressione di un sistema dinamico di ordine elevato (cioè costituito da innumerevoli variabili dinamiche) e perciò randomico, altri vedono in questa dinamica le impronte digitali del caos.
Equivarrebbe a dire che il campo magnetico terrestre deve le sue aperiodiche inversioni di polarità al caos deterministico: le inversioni si ripeteranno ancora ed ancora, non per effetto di cause esterne (es. meteoriti) ma per la dinamica nonlineare intrinseca del pianeta.
La conferma è difficile, dato che a prima vista il caos sembra rumore, sembra cioè generato da un processo stocastico piuttosto che da un sistema deterministico. Io non sarei molto sorpreso che la "via caotica" fosse quella giusta, tuttavia allo stato attuale si può dimostrare la caoticità di una dinamica soltanto per sistemi di ordine ridotto, cioè rappresentabili con poche variabili di stato.

sabato, dicembre 29, 2007

Alcuni risvolti filosofici a proposito di caos.


Pierre Simon Laplace è stato uno dei matematici che maggiormente hanno influito sul pensiero occidentale. Egli è stato probabilmente il sommo rappresentante del determinismo scientifico.
Immagino che ormai tanti di noi si sono resi conto quanto in profondità il pensiero deterministico - nato in seno alla scienza ed alla matematica classica post-newtoniana - è penetrato nella nostra civiltà, nel nostro modo di pensare e di sentire.
Scriveva nel 1812:
"Immaginiamo un'Intelligenza che dovesse conoscere ad un certo istante di tempo tutte le forze che agiscono in natura e la posizione di tutte le cose di cui il mondo è fatto; assumiamo, inoltre, che questa Intelligenza sia capace di sottoporre tutti questi dati all'analisi matematica. In tal caso essa potrebbe derivare un risultato che comprenderebbe in un'unica formula il moto dei più grandi corpi dell'universo e degli atomi più piccoli. Niente sarebbe incerto per questa Intelligenza. Il passato ed il futuro sarebbero presenti ai suoi occhi."

P.S. Laplace - Teoria della Probabilità.


Guardandosi indietro non è difficile osservare che, a partire dalla fine dell '800 e per tutto il XX secolo, la percezione comune del futuro collettivo e individuale è stata spesso contrassegnata da un'aura di ineluttabilità, di predeterminazione (scriptum est): il futuro visto come qualcosa che muove da uno stato perfettamente definito da una causa prima verso una destinazione altrettanto perfettamente determinata a priori. La causalità scientifica si è scontrata con la finalità religiosa, sopraffacendola.
Molte scoperte scientifiche sembravano corroborare quella conclusione (almeno fino all'avvento della meccanica quantistica con il suo portfolio di probabilità e indeterminazione che pochissimi tuttavia riuscivano, e riescono, a comprendere appieno), con il risultato che - se anche non consapevolmente, almeno inconsciamente - pochi ne hanno più dubitato.
Sarebbe interessante sviluppare il tema delle ricadute politiche, sociali e culturali di questa tendenza del secolo appena passato, che ancora caratterizza il nostro modo di pensare e di agire.

La visione deterministica che non lascia scampo al libero arbitrio viene scompaginata sul finire del secolo scorso dall'irrompere nel panorama scientifico di sistemi semplici e soprattutto deterministici - quelli caotici - che però mostrano un comportamento del tutto impredicibile anche da un'Intelligenza, quale quella immaginata da Laplace, che avesse a disposizione tutti i dati fisici dell'universo ad un qualunque istante. Questa Intelligenza, se pure conoscesse tali dati con precisione infinita, ancora non potrebbe avere tutto il futuro e tutto il passato davanti agli occhi, perché non potrebbe risolvere in forma chiusa i sistemi di equazioni differenziali che reggono un sistema caotico.
Esistono cioè sistemi deterministici che esibiscono un comportamento impredicibile, o indeterminabile: quello che suona un ossimoro è in realtà sostenuto dalla matematica.

"Quindi, perfino Dio deve lasciare che [la dinamica di] questi sistemi caotici evolva per vedere cosa accadrà nel futuro. Non vi è nessuna scorciatoia per la predizione per i sistemi caotici."

Robert C. Hilborn - Chaos and Nonlinear Dynamics.

venerdì, dicembre 21, 2007

La nuova scienza del caos.


A partire dagli anni '60 in poi, con alterne vicende e grandi dosi di scetticismo da parte della scienza cosiddetta "ufficiale", quando non proprio un'aperta ostilità, il caos deterministico è stato osservato in una grande quantità di sistemi dinamici. Per chi volesse ripercorrere l'avventura dell'affermazione delle idee e dei principi legati al caos una lettura davvero interessante e ben scritta è Caos - La nascita di una nuova scienza di James Gleick, dal quale ho preso la seguente citazione:
Dove comincia il caos si arresta la scienza classica. Finché il mondo ha avuto fisici che investigavano le leggi della natura [la scienza classica] ha infatti sofferto di una speciale ignoranza sul disordine presente nell'atmosfera, nel mare turbolento, nelle fluttuazioni delle popolazioni di animali e piante allo stato di natura, nelle oscillazioni del cuore e del cervello. L'aspetto irregolare della natura, il suo lato discontinuo e incostante, per la scienza sono stati dei veri rompicapo o peggio mostruosità.
Il sito ufficiale di Gleick è un altro buon punto di partenza per approfondimenti e letture legate al caos.
L'effetto farfalla di Lorenz ha ispirato una nuova generazione di fisici e di scienziati di altre discipline verso nuove strade nell'esplorazione della natura. Da allora ad oggi, nonostante gli enormi passi, manca ancora una comprensione profonda del fenomeno, di cui però non si trascura più la portata in termini epistemologici.
Anche dal punto di vista matematico non è ancora compreso il problema di fondo. Perfino la definizione di caos non è ancora matura, sebbene esistano dei metodi per poter giudicare se un comportamento dinamico può dirsi caotico oppure no: si tratta di misure di certi parametri dinamici che possono poi essere usati per classificare un sistema.
Si sono anche individuati dei comportamenti dinamici di transizione, cioè il cosiddetto percorso verso il caos (raddoppio del periodo e biforcazione): sono anche queste delle tracce del caos, che ci aiutano a stabilire quando un sistema deterministico si sta spostando verso una dinamica caotica.
Sono anche state individuate molte proprietà del caos - una fra tutte: l'invarianza di scala, l'autosomiglianza del caos -, ed è stato possibile attribuire ad esso caratteristiche di universalità, nella la forma delle classi di universalità legate ai numeri di Feigenbaum. La scoperta di quest'ultima proprietà ha del rivoluzionario se pensiamo al fatto che le stesse caratteristiche dinamiche sono valide per sistemi in natura che apparentemente non hanno niente in comune tra loro, come un diodo, un fluido, una galassia ed un ecosistema. Certe caratteristiche, cioè, non sono specifiche di un determinato sistema reale, ma denunciano una qualche proprietà universale della natura.
L'attrattore strano è probabilmente l'impronta digitale del caos, non fosse altro che perché esso fornisce una rappresentazione dinamica intuitiva. Il primo attrattore strano che è stato disegnato è quello di Lorenz, ma ormai ne esistono centinaia, tutti diversi uno dall'altro ma tutti aventi in comune le proprietà del caos.
La relatività eliminò l'illusione newtoniana dello spazio e tempo assoluti; la teoria quantistica eliminò il sogno newtoniano di un processo di misurazione controllabile; e il caos elimina la fantasia laplaciana della prevedibilità deterministica.
Joseph Ford - What is chaos, that we should be mindul of it?

lunedì, dicembre 10, 2007

La farfalla di Lorenz.


Era il 1960 quando Edward Lorenz elaborò un modello per la previsione delle condizioni meteorologiche a prima vista piuttosto semplice. Tale deve essere sembrato anche a lui.
Il modello poteva essere scritto come un sistema di equazioni differenziali non lineari, tutto sommato semplice, del quale però non si riusciva a trovare una soluzione in forma chiusa. In altre parole non era possibile integrare le equazioni differenziali, in modo da esplicitare la dipendenza dal tempo delle tre variabili.
Questa esplicitazione avrebbe permesso di ricavare ciascuna delle tre variabili come funzione del tempo (es. y = f(t) ) - cosa che equivale a risolvere in forma chiusa il sistema, come amano dire i matematici, e che avrebbe permesso di ricavare una previsione puntuale delle condizioni atmosferiche, o almeno una previsione compatibile con le assunzioni fatte da Lorenz per elaborare il suo modello.
Questa impostazione era perfettamente compatibile con il pensiero fisico dominante per quasi tutto il secolo scorso, secondo cui tutte le fenomenologie possono essere ricondotte nell'alveo del determinismo matematico, dato che la realtà osservabile è espressione di una qualche forma di stabilità del sistema osservato. E chiedo venia per l'estrema sintesi di questi concetti.
Pur non essendo risolvibile in forma chiusa, il sistema elaborato da Lorenz può essere risolto numericamente, con l'ausilio del calcolatore. La rappresentazione geometrica - nello spazio delle fasi - delle traiettorie di stato che emerge da queste simulazioni è sorprendente, e costituisce oggi il più famoso esempio di sistema caotico. Le traiettorie non si ripetono mai, non se ne troveranno mai due che si sovrappongono.
Il sistema è imprevedibile, dato che non se ne possono scrivere le funzioni integrali, ed è tuttavia stabile e presenta una certa regolarità. Un ordine nascosto, impossibile da immaginare a priori.
Il sistema è sensibilissimo alle condizioni iniziali: la più piccola variazione di queste può dare luogo ad una evoluzione dinamica completamente diversa da quella che si avrebbe se la variazione non ci fosse stata.
Da qui la celebre riflessione di Edward Lorenz:
può il battito d'ali di una farfalla in Brasile generare un uragano in Texas?

(dal titolo di una lettura tenuta dallo scienziato nel dicembre 1972 a Washington - cfr. R. Hilborn - Chaos and Nonlinear Dynamics - pag. 38).

La ricchezza della dinamica che si nasconde dietro quelle tre semplici equazioni è incredibilmente vasta.

sabato, dicembre 08, 2007

La "semplicità" del pendolo.


Chiunque abbia fatto un corso di fisica alle scuole superiori si è imbattuto nel cosiddetto "pendolo semplice", uno degli esempi di uso più comune nella didattica.
Noto fin dall'antichità, esso ha ispirato le fondamentali intuizioni di Galileo Galilei che poi portarono il grande uomo alla formulazione della proprietà dell'isocronismo, e aprirono la strada ai concetti di moto e quantità di moto che stanno alla base della meccanica classica.
A parte queste note storiche, fin dal nostro primo incontro con il pendolo ciò che ce ne rimane in testa maggiormente è la sua "semplicità": il moto del pendolo è descrivibile con una semplice equazione. A seconda di determinate condizioni iniziali - angolo, massa, lunghezza - si riesce a descrivere tutto il futuro del comportamento del pendolo senza possibilità di errore. Il comportamento è periodico nel tempo a condizione di trascurare alcune forze che non hanno un'attinenza diretta con il meccanismo, seppure siano ineluttabili in un pendolo reale: attrito e resistenza dell'aria.
E' tuttavia possibile includere queste componenti nell'equazione del moto del pendolo, che da ideale e lineare diventa così reale (almeno un po' di più, visto che si considera comunque tutta la massa come puntiforme e concentrata nel vertice inferiore dell'asta) e non-lineare. L'equazione è significativamente modificata, ma a prima vista non si potrebbe dire che gli effetti possono sconvolgere la nostra prima comprensione del pendolo: esso dovrebbe rimanere un sistema semplice e assolutamente prevedibile.
Vi invito a fare un'esperienza diretta del pendolo siffatto giocando col simulatore disponibile nel sito web MyPhysicLab.com.
A seconda della scelta dei parametri del sistema il comportamento del pendolo, pur restando assolutamente deterministico, diventa assai simile ad un comportamento totalmente casuale. Si tratta di una dinamica caotica, in cui non è possibile predire le condizioni cinematiche del sistema (es. velocità, posizione, accelerazione) pure nel caso in cui siano ben note le condizioni iniziali.
Questo aspetto fa apparentemente a pugni con la natura deterministica del pendolo.
Se si osservano le traiettorie delle variabili di stato del sistema si vede bene che esse non si ripetono mai: ciò può essere matematicamente dimostrato. Non vi è periodicità nelle oscillazioni del pendolo. Le traiettorie sono destinate a non sovrapporsi mai, infinitamente. Le variabili di stato non sono più condannate a ripetere sempre gli stessi percorsi, ma libere di fare esperienza di un'infinita varietà di traiettorie possibili all'interno dello spazio di stato. Il pendolo, da semplice, è diventato qualcosa di decisamente più complesso.

lunedì, dicembre 03, 2007

Complessità.


Da oggi inizia una serie di approfondimenti sulla scienza della complessità. Sarebbe meglio dire "le" scienze.
Perché la complessità è un concetto che ancora sfugge ad una definizione precisa, ma che sicuramente si può inscrivere nel più grande cerchio delle conoscenze scientifiche dell'uomo, in cui ha una collocazione trasversale dal momento che ha interessato svariati campi del sapere: dalla matematica alla biologia, dalla sociologia alla fisica, dalla cosmologia alla intelligenza artificiale, dall'informatica all'etologia.
La mia impressione è che questa nuova visione delle cose, nata come una serie di percorsi individuali con nessuna attinenza tra loro, poi sviluppatasi all'interno di diverse discipline ma ancora in modo scollegato, diventerà presto la via maestra per la comprensione della natura, nel senso più ampio oggi possibile per l'umanità rimanendo nell'ambito della conoscenza cosiddetta scientifica.
L'attributo della complessità si può riconoscere in un qualunque sistema in cui si possa riscontrare che l'insieme è organizzativamente superiore alla somma delle sue parti.
Esasperando questo concetto si deve ammettere che qualunque sistema, in quanto tale, è complesso. Un oscillatore del secondo ordine è anch'esso complesso, perché la sua dinamica è inaccessibile ad una sua componente svincolata dall'insieme. Quindi si può dire che ogni sistema è caratterizzato da un grado di complessità.
Per quanto la scienza del XX secolo abbia rappresentato un incredibile passo in avanti per l'uomo nella comprensione della natura, essa è rimasta legata ad una rappresentazione quasi sempre lineare dei sistemi - quali che essi fossero -: sistemi in equilibrio, perché l'assunto fondamentale è stato quello di pensare l'universo come un enorme sistema in condizioni dinamiche stazionarie; e sistemi chiusi, in cui le influenze di altri sistemi - anch'essi rigidamente chiusi - erano trascurate perché considerate di scarsa rilevanza.
Questi limiti fondamentali (sistemi chiusi, in condizioni di equilibrio o molto prossimi all'equilibrio, lineari o - frequentemente - "linearizzati" per trascurare fenomeni di ordine superiore ritenuti poco significativi) hanno posto una serissima tara al metodo scientifico, privandoci spesso della possibilità di cogliere e investigare tutta la varietà e la ricchezza che si nasconde dietro la non-linearità e il non-equilibrio.
More to come.

lunedì, novembre 12, 2007

Il tempo dei Qallunaat.


Nella cultura del popolo Inuit, che abita le zone artiche dell'Alaska, del Canada e della Groenlandia, noi occidentali siamo chiamati Qallunaat.
Gli Inuit hanno un concetto diverso del tempo rispetto a quello nostro.
Quella che segue è solo la citazione da un romanzo, in cui un uomo Inuit riflette riguardo il tempo:
Forse è stato questo il problema che ci ha afflitto nel secolo scorso: i Qallunaat ci hanno portato il tempo. Abbiamo dovuto imparare che esiste il tempo perso. I Qallunaat pensano che l'attesa sia tempo perso, e così perdono il tempo della loro vita.

da Il Quinto Giorno, di Frank Schatzing.

Il tempo, come lo intendiamo oggi, appartiene al patrimonio tecnico dell'umanità.
Il concetto di tempo nasce con l'utilità della sua misurazione, che probabilmente si è rivelata appieno con lo sviluppo dell'agricoltura.
E' chiaro che il susseguirsi di giorni e notti abbia sempre proposto una cadenza naturale anche ai nostri progenitori ominidi, ma non possiamo escludere che il ritmo della vita fosse piuttosto percepito come un ciclo, all'interno del quale cicli diversi si disponessero con ordini differenti.
Il ciclo della vita, e al suo interno cicli minori: il ciclo della fertilità, il ciclo della germinazione delle colture, il ciclo della caccia, quello della pesca, della luna, del sole, di alcune costellazioni; il ciclo dell'acqua, della transumanza, delle migrazioni stagionali. E da qui i cicli religiosi o protoreligiosi, i riti, le cerimonie anch'esse cicliche.

Il tempo probabilmente non esiste. La sua utilità tecnologica ha avuto un tale rilievo nella formazione della civiltà occidentale che oggi il solo pensiero che il nostro orologio digitale da polso stia semplicemente riflettendo le oscillazioni regolari di un cristallo di quarzo ci genera qualche momento di sgomento. Non la misura di una grandezza fisica in sé, o della grandezza fisica per eccellenza, ma semplicemente un ritmo associato alla regolarità di alcune dinamiche reali.
Quelle grandezze cui ci riferiamo quando parliamo di misura del tempo - il minuto, il secondo, l'ora - pensiamo siano in corrispondenza diretta con la nostra vita. Ogni minuto che passa ci appare in relazione biunivoca con la nostra esistenza naturale. Quasi che per ogni frazione di tempo passata si fosse consumata una quantità proporzionale della nostra stessa vita, del nostro organismo, della nostra mente, della nostra salute. E' quasi automatico, non ci fermiamo neanche a rifletterci su prima di accettarlo.

Ma questa grandezza non esiste. Einstein ne ha dimostrato la relatività. Prigogine ne ha chiarito l'incoerenza con i principi della termodinamica, invitandoci a cercare altrove la relazione tra la vita ed i suoi cicli biologici - ad esempio nelle strutture dissipative.

E allora corriamo di meno, e pensiamo di più.

lunedì, ottobre 08, 2007

Lo spartito.

Siamo nel 1890. Supponiamo che un geniale e ispirato musicista
componga la sua opera più bella e la trascriva su uno spartito musicale, e che poi esca di casa, ebbro di soddisfazione, e si rechi nella piazza principale della sua città, e qui affigga sui muri copie manoscritte del proprio spartito per fare conoscere la sua opera alla cittadinanza.
Alcune le lancia dai balconi del palazzo comunale per lasciare che il vento le trasporti ovunque. La sua intenzione è quella di farsi conoscere dal pubblico e far partecipare il maggior numero possibile di spettatori ai suoi concerti a pagamento.
Supponiamo che a quel punto succeda una cosa bizzarra, inaspettata: un bambino con lo sguardo vivace legge in piazza uno spartito e tira fuori dalla propria borsa un foglio e una matita, e lo ricopia. Sorridente, ripone poi foglio e matita nella sua borsa, e se ne va di corsa a casa lasciando lo spartito dove lo ha trovato. Giunto a casa, suona l'opera del musicista una, dieci, cento volte, per il proprio diletto, e per quello dei suoi amici e dei suoi familiari.
A quelli più cari, ricopia lo spartito su un foglio e ne fa dono.
Il bambino suona talmente bene che diversi dei suoi ascoltatori si sentono appagati dell'esecuzione e decidono di non andare ai concerti del musicista.
Nessuno sarebbe neanche sfiorato dall'idea che il bambino abbia rubato l'opera del musicista o abbia commesso un plagio.

Non so quanti di noi si rendono conto che quella che ho appena descritta è la versione ottocentesca di un fenomeno che oggigiorno è diventato assai frequente.
In che misura quel bambino di allora è diverso da un adolescente di oggi che scopre su Internet un un file musicale, e ne scarica una copia sul proprio computer?
In nessuna misura, perché l'adolescente odierno non si è certamente introdotto furtivamente nella casa dell'artista ricopiando uno spartito segreto. Si è limitato a compiere l'equivalente moderno del suo coetaneo ottocentesco che si reca in piazza: ha aperto la propria finestra su Internet, la moderna sconfinata piazza virtuale.
Qualunque opera dell'ingegno destinata ad essere riprodotta in serie (filmati, audio, foto, testi, ipertesti, software) è destinata ad essere comunque convertibile in formato digitale. Qualunque contenuto digitale è inevitabilmente distribuibile in rete, ovvero è quasi automaticamente pubblicabile su Internet. Di più, io dico che la sua natura digitale fa di esso un contenuto già pubblico, in quanto la sua pubblicazione su Internet è scontata, o almeno questa evenienza è rapportata soltanto alla misura del successo e della diffusione di quell'opera, ed è quindi una circostanza puramente probabilistica.
Ignorare questa circostanza oggi è - da parte di autori, editori e distributori - un semplice voler nascondere la testa sotto la sabbia. E voler piegare gli ordinamenti giuridici all'imposizione coatta del divieto di download, copia e riproduzione privata dei contenuti digitali protetti da copyright sembra a me l'equivalente di ordinare l'arresto o l'ammenda per quel bambino di cui si diceva all'inizio di questa riflessione: è insensato, ingiusto, e oltre ad essere una grave limitazione della libertà individuale costituisce anche un costo insopportabile per tutta la società, al solo beneficio di interessi economici costituiti e non più in grado di reggere alla concorrenza.

Più in dettaglio.

Contenuto audio (es. file musicale).
Il file audio deve consentirne l'esecuzione, altrimenti non raggiunge il suo scopo. L'esecuzione di un file audio comporta la lettura dell'informazione, la conversione da digitale ad analogico e la riproduzione attraverso un sistema hi-fi. Questo a prescindere da quale sia il formato originale del file. Con l'avvento di Internet è caduto il monopolio delle major discografiche per la pubblicazione dei CD e per la loro distribuzione, che fino a quel momento costituiva l'unico ostacolo ad una circolazione più libera - e più economica - di musica. La strada dei sistemi DRM (Digital Rights Management) intentata dalle major è una in palese conflitto con le finalità di un file audio, e si è infatti dimostrata fallimentare: la necessità stessa di dovere a un certo punto ricostruire il segnale analogico e riprodurlo su un sistema hi-fi è sempre stato in antitesi rispetto ai propositi del DRM. Il modello di business tradizionale delle case discografiche è obsoleto. La vendita on-line direttamente dagli artisti o attraverso portali musicali, a basso costo, diventerà la nuova realtà. Quello dei CD diventerà un mercato di nicchia, per collezionisti ed appassionati. La circolazione, anche peer-to-peer, dei file musicali sarà libera e consentita, e costituirà il miglior canale per la promozione dei brani musicali - l'equivalente digitale del passa parola, che da sempre è il mezzo migliore per fare pubblicità.

Contenuti video (es. film)
L'esperienza di assistere ad una prima visione in una sala cinematografica non può essere sostituita neanche da un buon sistema home-theatre: per questa ragione il mercato del cinema non sta soffrendo come quello della musica. Tuttavia il mercato dei DVD originali ha gli stessi limiti e difetti di quello dei CD musicali, e sta andando incontro allo stesso destino. Soltanto la dimensione decisamente superiore di un DVD sta limitando la diffusione del peer-to-peer, ma chiaramente questo limite è destinato ad essere superato col crescere della diffusione della larga banda e della tecnologia. Se i prezzi dei DVD si assesteranno su livelli più ragionevoli, sarà spesso preferito acquistare un DVD originale per farsi la propria videoteca.

Testi (es. libro).
Un file non può certo sostituire il piacere di leggere il libro originale. Questo mercato non è destinato ad andare in sofferenza. I giornali e le riviste, invece, si stanno già adeguando per sfruttare i vantaggi offerti dalla distribuzione on-line dei contenuti agli abbonati. Sono nate riviste specializzate che non avrebbero mai visto la luce se si fossero dovute affidare soltanto alla distribuzione tradizionale.

Dati (es. banche dati)
Il valore di una banca dati è dato dall'aggiornamento dei suoi dati. Questo mercato vede in Internet una grande opportunità, non certo una minaccia.

Software (es. programmi applicativi)
I software protetti da copyright, rilasciati con l'acquisto di una licenza d'uso, sono minacciati dall'impiego dei sistemi peer-to-peer.
Anche per questi "contenuti" valgono le considerazioni fatte per i CD audio: il modello di business è obsoleto, l'affermazione delle licenze GPL e della concorrenza opensource è lì a dimostrarlo,
anche se ci sarà sempre spazio per programmi di buona qualità ed a basso costo.