mercoledì, ottobre 04, 2006

Cinque cose che non mi sono piaciute del governo

1. La grazia a Bompressi: non interamente ascrivibile all'esecutivo, e forse giusta nel merito, ma sbagliata per scelta dei tempi (non era certamente una priorità da mettere in campo come primo provvedimento).
2. L'indulto: il problema del sovraffollamento delle carceri andava affrontato sul piano delle infrastrutture, non con un atto di indulgenza. La "legalità calpestata" portata in processione contro il governo Berlusconi è stata facilmente sacrificata per un provvedimento impopolare che ha rimesso in libertà anche delinquenti pericolosi, nonostante i sentimenti di ansiosa insicurezza vissuti in larghi strati della popolazione, sepcialmente nei quartieri metropolitani più a rischio.
3. Il decreto Bersani: dopo anni passati a predicare la concertazione, il governo aggredisce alcune categorie di lavoratori non riconducibili ai grandi sindacati (CGIL in cima a tutti) colpendo dei diritti acquisiti (es. le licenze dei taxi) senza un benchè minimo segno di dialogo preventivo.
4. Le dimissioni di Tronchetti-Provera, la vicenda più grave: Prodi induce l'A.D. Telecom alle dimissioni dopo aver scandalosamente rivelato alcune trattative segrete tra Telecom e altri gruppi (Time Warner, General Electric, gruppo Murdoch) in vista del traguardo media-company, che Tronchetti-Provera aveva confidato al Presidente del Consiglio nel corso di alcuni incontri. Gli incontri servivano a Tronchetti-Provera a scongiurare il ricorso alla golden-share da parte del Tesoro - dirà poi il manager in un'intervista rilasciata al Financial Times - nel caso di scorporo della TIM. Prodi invece imbastisce manovre non chiare apparentemente finalizzate a ricondurre Telecom sotto il controllo pubblico. Sputtanato, è costretto a dimettere il suo consigliere economico (Rovati) rimasto col cerino in mano. Poi compie il gesto più grave di tutti: costretto a riferire al Parlamento, mente al Paese dichiarando di essere stato all'oscuro della faccenda, rifiutando di fatto di fare chiarezza su uno degli episodi più oscuri degli ultimi anni.
5. Manovra finanziaria: dopo avere urlato a squarciagola che il centro-sinistra non avrebbe alzato le tasse, il governo aumenta la pressione fiscale sui lavoratori con reddito superiore a € 40k/anno di un punto percentuale. Non contento, con acrobazie degne della migliore finanza creativa tanto criticata dall'opposizione nella precedente legislatura, fa di peggio: ascrive il TFR transitato nelle casse INPS tra le "attività" nel bilancio dello stato, creando le condizioni perchè i prossimi governi ostacolino la transizione del TFR alla previdenza integrativa, dimenticando che il TFR è un debito verso i lavoratori, non un'entrata dello stato.

lunedì, ottobre 02, 2006

Giù le mani dal TFR

La legge finanziaria è al centro dell'attualità in questi giorni, lo sarà ancora nei prossimi.
Il governo di centro sinistra dovrebbe essere l'espressione degli interessi delle classi più deboli, quel 90% e più di contribuenti che guadagnano meno di 40 mila euro lorde all'anno, i quali otterranno qualche beneficio fiscale dai nuovi scaglioni irpef.
Quegli stessi lavoratori, soprattutto i più giovani, saranno presto chiamati a dirottare il proprio tfr verso fondi pensione, oppure questi loro soldi andranno a finire all'inps, che certo in passato non ha brillato per solvibilità nei confronti degli impegni presi (leggi: pensioni).
Il lato più inquietante della manovra, quello che la avvicina di più alle tante operazioni di finanza creativa varate nella scorsa legislatura, consiste nel trasferimento all’Inps (e poi ad un fondo per il finanziamento delle infrastrutture) della parte di trattamento di fine rapporto (Tfr) accumulato dagli individui ogni anno, e non dirottato ai fondi pensione. Si tratta, in altre parole, di un prestito forzoso per finanziare spese infrastrutturali ottenuto trasferendo dalle imprese allo stato un debito nei confronti dei lavoratori dipendenti che non eserciteranno l’opzione di trasferire il Tfr ai fondi pensione.

Questo scrivono Boeri e Garibaldi su lavoce.info. E aggiungono:
questa misura rischia di diventare la pietra tombale sulla speranza di creare dei fondi pensione in Italia perché indurrà questo Governo e quelli successivi ad ostacolare in tutti i modi i flussi verso i fondi pensione (significa meno entrate per lo Stato). Dunque e’ un’operazione che va svantaggio dei lavoratori più giovani, quelli che hanno maggiormente bisogno di previdenza integrativa per garantirsi un reddito adeguato quando andranno in pensione.

Condivido al 100%: Prodi, giù le mani dal tfr!

domenica, ottobre 01, 2006

Non scagioniamo il comunismo.

C'è un nesso oggettivo tra gli errori della teoria e gli errori della prassi. Un suo frutto è il negazionismo comunista, ovvero la tendenza a negare la portata degli orrori o a circoscriverli a deviazioni improprie dal percorso originario. Le intenzioni erano buone, gli esiti malvagi: è l'alibi intellettuale per scagionare il comunismo.


Marcello Veneziani, La cultura della destra.