giovedì, febbraio 28, 2008

Riflessioni su traffico e autoorganizzazione.


Prendiamo ad esempio l'uomo. Nei suoi gesti quotidiani più elementari (dormire, mangiare, camminare, difendersi dalle malattie, etc.) l'uomo mette in atto un numero enorme di meccanismi di controllo e adattativi. Se ciascuno di essi coinvolgesse direttamente il cervello, questo organo sarebbe probabilmente inacapace di gestire un tale carico di lavoro, e la nostra "mente" sarebbe schiacciata da un tale onere.
Invece la gran parte delle attività biologiche e metaboliche sono svolte da meccanismi che non si realizzano ad un livello consapevole, ma ad uno molto più in basso: essi sono il frutto della storia evolutiva dell'uomo, vale a dire che si sono formati attraverso il percorso evolutivo, probabilmente quando ancora la specie "homo" non si era neanche caratterizzata come la riconosciamo oggi.
Questi meccanismi sono, in misura diversa, espressione della "auto-organizzazione" dei sottosistemi che si possono individuare - almeno sul piano concettuale - nella nostra specie.
Si possono trarre spunti per ri-pensare, o pensare in modo nuovo, l'organizzazione delle società e delle città in cui viviamo, anch'esse supersistemi organizzativi costituiti da sistemi più semplici interconnessi in modo complesso. Occorrerebbe lasciare che l'autoorganizzazione si manifesti, senza che sia richiesta la gestione centralizzato da parte di sottosistemi o entità singole artificialmente preposte al controllo.
Penso, ad esempio, al traffico veicolare che costituisce ormai un problema cronico delle nostre città. Inserendo opportunamente un elemento di conoscenza, su scala individuale, riguardo la situazione reale del traffico, si potrebbe indurre il l'auto-organizzazione del traffico facendo sì che i singoli automobilisti utilizzino in modo più efficiente la rete stradale, sia sul piano spaziale (sfruttando percorsi alternativi) sia su quello temporale (distribuendosi più equamente nel tempo).
Nell'era della navigazione satellitare, degli stimatori non-lineari e dell'infomobilità tutto questo oggi appare possibile: basti pensare alle tecniche Floating Car Data in studio da diversi anni.

domenica, febbraio 24, 2008

Il frattale in pentola e la storia.


Un esperimento molto comune che si può condurre comodamente in cucina.
Lasciate riposare in una pentola, o un altro recipiente, dell'acqua di rubinetto per un tempo sufficientemente lungo ad una bassa temperatura. Non saprei dire quanto tempo esattamente sia necessario, ma direi che se lasciate l'acqua ferma per un giorno intero nel frigorifero sarà sufficiente. A me è capitato di osservare i risultati dopo aver lasciato distrattamente dell'acqua in una pentola per tutta una notte d'inverno in cucina.
Il sale disciolto nell'acqua si andrà ad aggregare in una struttura irregolare che galleggia sulla superficie, costituita da una incredibile sequenza di grappoli, che assomiglia all'immagine che ho riportato.
Quella struttura ha le proprietà di un frattale, e nasce da un processo di accrescimento progressivo dovuto al fortuito incontro tra le particelle di sale disciolto in acqua tra loro e con l'oggetto galleggiante. Man mano che nuove particelle alla deriva vengono in contatto con una particella già fissata, si forma un legame chimico molecolare ed il nuovo grano di sale si aggrega al solido accrescendolo.
Questo processo è matematicamente descrivibile come Aggregazione Limitata dalla Diffusione (DLA in inglese - approfondimenti e animazioni disponibili su queste pagine della Hong Kong Polytechnic University), che può ben rappresentare il processo fisico di cristallizzazione lontano dal punto di equilibrio. Si perché in condizioni di equilibrio chimico-fisico, non vi sarebbero interazioni tra particelle: tutti i legami possibili sarebbero già formati, e le molecole dell'acqua in moto browniano si opporrebbero al processo di aggregazione del sale.
L'innesco del processo è costituito da un avvenimento accidentale: una coppia di particelle che per prima si è incontrata comincia a fissare altri grani intorno a . Questo evento accidentale fa sì che non troveremo mai la stessa geometria del solido se ripetessimo due volte lo stesso esperimento: qualunque sia la circostanza fortuita che ha portato alla formazione dei primi grani aggregati, essa finirà per caratterizzare l'intero sviluppo successivo e la forma della struttura finale. Impossibile, a posteriori, comprendere per quale motivo il solido ha assunto quella forma e non un'altra altrettanto plausibile, perchè la struttura sarà determinata anche dalla sua storia.

domenica, febbraio 17, 2008

Breve navigazione tra caos, caso e complessità.


La matematica del caos è ben lungi dall'essere matura e sufficientemente sviluppata da potersi applicare a sistemi di grandi dimensioni. Ciononostante essa entra di diritto nel novero delle dottrine che formano il corpus in evoluzione della cosiddetta teoria della complessità. Storicamente, si potrebbe dire che ne sia la progenitrice.
Apparentemente le due discipline hanno poco in comune. I sistemi caotici dei quali si conoscono le equazioni differenziali sono tutto sommato pochi, e tutti si possono dire semplici, nel senso che hanno pochi gradi di libertà - il famoso sistema di Lorenz ne ha soltanto tre, ad esempio. Questo è probabilmente dovuto agli ambiti di studio in cui i sistemi noti in letteratura sono stati sviluppati, perchè i principi del caos sembrano facilmente applicabili anche per sistemi di grandi dimensioni, con molti gradi di libertà, ovvero con parecchie variabili di stato. L'analisi delle misurazioni effettuate lascia infatti pensare che anche sistemi ipoteticamente di grandi dimensioni possano avere in sè una natura caotica (vedi il caso della geodinamo).
La teoria della complessità è nata dalle riflessioni intorno a sistemi con molte dimensioni, quando non addirittura infinite. Quest'ultimo è però un caso a sè, per i risvolti teorici e matematici di cui è pregno: un sistema che avesse infinite dimensioni, o infinite variabili di stato, avrebbe bisogno di un'informazione infinita per essere descritto. Infatti ogni variabile di stato è indipendente da tutte le altre, ed un sistema che abbia infinite variabili di stato potrebbe contenere dentro sè un'informazione infinita, avere una dinamica infinitamente estesa. Probabilmente un sistema del genere sarebbe un sistema del tutto casuale.
Se un sistema di piccole dimensioni (come quello di Lorenz, o come un altro sistema caotico noto in letteratura scientifica) può avere una dinamica talmente articolata, varia e irregolare da poter ben essere scambiato per un sistema casuale, figuriamoci allora quanto può essere sorprendentemente variegata, in teoria, la dinamica di un sistema non-lineare con un grande numero di variabili di stato, ovvero con uno spazio di stato con molte dimensioni. A questo punto non ci dovremmo stupire di una cosa del genere, avendo già osservato cose mirabolanti in sistemi ben più piccoli.
La sorpresa invece viene, nel caso di questi sistemi che possiamo ben dire complessi, quando osserviamo un comportamento del tutto ordinato e regolare, ladove ci saremmo invece aspettati un turbolento disordine sovrano e indomabile. Sarebbe il caso di fare degli esempi, lo so: mi farò perdonare in uno dei prossimi post.
Il russo premio Nobel per la fisica Lev Landau, cui sono dovuti importanti studi seminali sulla turbolenza, attribuiva questa fenomenologia al sommarsi di infinite frequenze o modi nella dinamica di un fluido, in questo modo riflettendo l'idea che i comportamenti complessi dovessero essere generati da sistemi complessi caratterizzati da un gran numero, tendente ad infinito, di gradi di libertà. Oggi sappiamo che aveva torto, che una dinamica complessa può essere figlia di un sistema semplice come quello di Lorenz, e che un sistema complesso può avere una dinamica sorprendentemente regolare.
Se la teoria del caos si occupa dello studio del comportamento irregolare (o complesso) di piccoli sistemi, la teoria della complessità - ammesso che si possa individuarne un perimetro definito - si è concentrata soprattutto sullo studio del comportamento ordinato e organizzato di grandi sistemi (in ciò complessi).
Naturalmente, nessuna sorpresa che un sistema complesso possa avere anche una dinamica complessa.
A mio modo di vedere, anche un sistema "semplice" che manifesti un comportamento caotico può essere definito complesso, perchè tra un sistema e la sua dinamica il legame è molto stretto, ammesso che si possa fare una distinzione.

lunedì, febbraio 11, 2008

Riflessione sull'arte di un fisico-matematico.


In un certo senso, l'arte è una teoria sul modo in cui il mondo appare agli esseri umani. E' ovvio che non conosciamo nei particolari il mondo che ci circonda. Il merito degli artisti è quello di essersi resi conto che ci sono solo poche cose importanti, e poi di vedere quali siano. [...]
Se si considerano le opere più giovanili di Van Gogh, in esse ci sono triliardi di particolari, nei suoi quadri c'è sempre una quantità immensa di informazione. E' chiaro che egli si rese conto di quale quantità irriducibile di contenuto ci si dovesse mettere.
Oppure si possono studiare gli orizzonti nei disegni a inchiostro olandesi dei Seicento, con minuscoli alberi e mucche che sembrano molto reali. Se si guarda attentamente, gli alberi hanno una sorta di confine del fogliame, ma la cosa non funzionerebbe se fosse tutto qui: in realtà ci sono anche, attaccati, pezzettini di materia simili a ramoscelli. C'è un gioco ben preciso fra le testure più tenui e le forme con linee più marcate. In qualche modo la combinazione ci dà una percezione corretta.
Ruysdael e Turner, se si guarda in che modo costruiscono complesse superfici d'acqua, lo fanno chiaramente in un modo iterativo. C'è un qualche livello di materia, e poi materia dipinta su quella, e poi correzioni apportate a quest'ultima. Per quei pittori i liquidi turbolenti sono sempre qualcosa che ha in sè un'idea di invarianza di scala.
Io vorrei davvero sapere come descrivere le nuvole. Penso però che dire che qui c'è una parte con tanta densità e poi una parte con tanta altra densità - accumulare un'informazione così dettagliata - sia sbagliato. Questo non è certamente il modo in cui un essere umano percepisce le cose, e non è il modo in cui le percepisce un artista.
E neppure il fatto di scrivere equazioni differenziali parziali ci avvicina di più alla verità sul problema.
In qualche modo, la mirabile promessa della Terra è che in essa ci sono belle cose, cose meravigliose e seducenti, e che in virtù del nostro lavoro noi vogliamo conoscerle.

Mitchell Feigenbaum (citato in Caos di J. Gleick).

sabato, febbraio 09, 2008

Il battito cardiaco.


Sentiamo spesso dire che il caos deterministico è stato riscontrato in questo o quel fenomeno naturale ormai da più di 20 anni, da quando cioè quasi all'improvviso abbiamo aperto gli occhi su una realtà che avevamo deciso di non osservare, quella dei fenomeni reali non lineari (cioè di quasi tutti i fenomeni reali tout court).
Personalmente uno dei riscontri che mi ha più impressionato è quello del caos nel battito cardiaco umano: in un individuo sano la dinamica del battito cardiaco misurabile con un elettrocardiogramma è caotica, mentra una dinamica regolare è spesso sintomo di una patologia. Anche l'elettroencefalogramma di una persona sana ha dimostrato i tratti caratteristici ed inequivocabili del caos.
Ma cosa vuol dire che si è riscontrato il caos in un fenomeno naturale? Come si stabilisce che un sistema naturale è caotico?
Se di un sistema conosciamo le equazioni allora ci vengono in soccorso gli strumenti dell'analisi matematica, la simulazione al computer che ci permette di studiare come varia il comportamento del sistema al variare dei suoi parametri.
L'insorgenza del caos è sempre preceduta da fenomeni matematici ben individuabili, dei punti di passaggio da comportamenti regolari a comportamenti man mano più articolati: mi riferisco ad esempio al raddoppio di periodo che si succede ad intervalli determinabili e che alla fine sfocia nel caos vero e proprio. Questi percorsi possono essere visualizzati nei diagrammi di biforcazione.
Una caratteristica universale del caos è che il rapporto di convergenza nella sequenza di biforcazioni (la cosiddetta rotta per il caos) che si osserva al variare di un parametro, è quasi costante ed è costante all'infinito. Questo rapporto prende il nome di delta di Feigenbaum, e ci permette di sapere con precisione quando si verificherà la prossima biforcazione in un sistema che evolve verso il caos. Quindi, se osserviamo un rapporto costante e prossimo al delta di Feigenbaum negli intervalli tra una biforcazione e l'altra di una dinamica, abbiamo un indizio importante che quel sistema abbia le caratteristiche del caos in sè e stia evolvendo verso una dinamica caotica per il variare di un suo parametro strutturale (ad esempio la tensione ai capi di un diodo).
Il calcolo dei cosiddetti esponenti di Lyapunov consente di affermare che due traiettorie di stato "vicine" del sistema divergono in media: la conseguenza matematica di questo fatto è la caoticità del sistema (definito dai suoi parametri - per altri parametri lo stesso sistema potrebbe non essere caotico). Questo è naturalmente possibile soltanto se si conoscono le equazioni del sistema, nel qual caso si perviene agli esponenti di Lyapunov per via matematica.
Se invece non conosciamo le equazioni del sistema, allora dobbiamo procedere ad una misurazione della sua dinamica appropriandoci di una serie storica di campioni sufficientemente lunga. Su questa serie misurata possiamo stimare alcuni parametri quantitativi: ancora i coefficienti di Lyapunov, oppure l'entropia di Kolmogorov, o la dimensione frattale, o ancora la dimensione della correlazione. Questi parametri possono dirci se siamo in presenza di caos.
Il caos quindi ha delle tracce ben individuabili, e le sue tracce sono state scoperte in innumerevoli sistemi naturali, sia viventi sia non.

sabato, febbraio 02, 2008

Matematica imbecillità politica bipartisan.


Per la governabilità di un Paese democratico niente è meno auspicabile di un sistema elettorale che porti all'interno delle sue regole il seme della impredicibilità e quello della non equità del peso elettorale dei votanti.
Nel 2006 l'Istituto dei Sistemi Complessi del CNR ha dimostrato come il meccanismo elettorale del Senato abbia caratteristiche impredicibili in modi che ricordano i sistemi caotici: cambiamenti anche piccoli del risultato elettorale possono portare addirittura al ribaltamento dell'esito della consultazione, a causa del premio di maggioranza. A causa di questo meccanismo mal concepito, chi prende più voti in certe circostanze può perdere le elezioni al Senato o comunque risultarne indebolito.
Tra tutti gli esiti possibili delle urne, il premio di maggioranza interviene nell'82% dei casi; per il 2% di tutti gli esiti possibili il "ribaltone" - cioè lo scambio tra vinti e vincitori - è matematicamente certo. Cioè il sistema elettorale varato nel 2005 contiene in sè il meccanismo per annullare la volontà democratica con matematica certezza per alcuni casi ben individuabili, cosa certamente gravissima.
In più del 30% dei casi, poi, l'applicazione del premio indebolisce - invece di rafforzare - la coalizione che ha ottenuto la maggioranza dei seggi.
Certamente non un bel risultato per una legge che si proponeva di aumentare la governabilità per la coalizione che avesse vinto le elezioni assegnandole una quota di seggi aggiuntivi.
Gli autori dello studio (i cui risultati sono stati pubblicati su Le Scienze in un articolo apparso nel settembre 2006, e disponibile qui) mettono in evidenza come le possibilità di questi effetti siano massime nelle situazioni in cui ci siano due coalizioni politiche che competono testa a testa: questo vuol dire che nel caso delle ultime elezioni politiche in Italia la probabilità di ritrovarsi in questo regime di impredicibilità elettorale era massima. Davvero non si capisce come la circostanza sia potuta sfuggire agli organi competenti, visto che la matematica che sta alla base di queste analisi è tutto fuorchè inaccessibile.

Il nuovo sistema elettorale è stato appellato con tutti gli aggettivi meno edificanti del vocabolario italiano. A prescindere dalle considerazioni politiche (semmai se ne possa prescindere in una tal questione) è matematicamente evidente che esso sia inadeguato per una società che si dica democratica.
A chi sospettasse che la legge sia stata fatta a bella posta per garantire la continuità del potere, ricordo che proprio la compaggine di governo responsabile di questa stoltezza ha perso per un soffio le elezioni: dando l'impressione di essere, più che artefice di un progetto sovversivo dell'ordine democratico, sprovveduta autrice di un sistema elettorale di cui non ha compreso il funzionamento. Anche se, per un caso che ha del fortuito, il premio di maggioranza non ha giocato un ruolo fondamentale nelle recenti elezioni dal momento che i suoi effetti su scala regionale si sono poi annullati nel numero passando alla scala nazionale, esso è comunque intervenuto negli esiti di 6 regioni italiane.
Anche se avrebbe potuto andare peggio visto che questa legge agisce nella direzione di rendere più difficile la governabilità del Paese, è certamente grave che un singolo voto pesi diversamente a seconda della Regione in cui è espresso (ascolta l'intervista al prof. Petri su Radio 24).
Se il Centro Desta ha dato prova di ignoranza matematica, il Centro Sinistra in 18 mesi di governo ha saputo fare anche peggio visto che, pur consapevole delle storture del sistema elettorale, è stata incapace di intervenire.
Entrambe le coalizioni politiche si sono distinte per imbecillità e irresponsabilità politica candidando per due volte il Paese al rischio di ingovernabilità con un sistema che non offre esiti elettorali certi ed equi.