lunedì, febbraio 11, 2008

Riflessione sull'arte di un fisico-matematico.


In un certo senso, l'arte è una teoria sul modo in cui il mondo appare agli esseri umani. E' ovvio che non conosciamo nei particolari il mondo che ci circonda. Il merito degli artisti è quello di essersi resi conto che ci sono solo poche cose importanti, e poi di vedere quali siano. [...]
Se si considerano le opere più giovanili di Van Gogh, in esse ci sono triliardi di particolari, nei suoi quadri c'è sempre una quantità immensa di informazione. E' chiaro che egli si rese conto di quale quantità irriducibile di contenuto ci si dovesse mettere.
Oppure si possono studiare gli orizzonti nei disegni a inchiostro olandesi dei Seicento, con minuscoli alberi e mucche che sembrano molto reali. Se si guarda attentamente, gli alberi hanno una sorta di confine del fogliame, ma la cosa non funzionerebbe se fosse tutto qui: in realtà ci sono anche, attaccati, pezzettini di materia simili a ramoscelli. C'è un gioco ben preciso fra le testure più tenui e le forme con linee più marcate. In qualche modo la combinazione ci dà una percezione corretta.
Ruysdael e Turner, se si guarda in che modo costruiscono complesse superfici d'acqua, lo fanno chiaramente in un modo iterativo. C'è un qualche livello di materia, e poi materia dipinta su quella, e poi correzioni apportate a quest'ultima. Per quei pittori i liquidi turbolenti sono sempre qualcosa che ha in sè un'idea di invarianza di scala.
Io vorrei davvero sapere come descrivere le nuvole. Penso però che dire che qui c'è una parte con tanta densità e poi una parte con tanta altra densità - accumulare un'informazione così dettagliata - sia sbagliato. Questo non è certamente il modo in cui un essere umano percepisce le cose, e non è il modo in cui le percepisce un artista.
E neppure il fatto di scrivere equazioni differenziali parziali ci avvicina di più alla verità sul problema.
In qualche modo, la mirabile promessa della Terra è che in essa ci sono belle cose, cose meravigliose e seducenti, e che in virtù del nostro lavoro noi vogliamo conoscerle.

Mitchell Feigenbaum (citato in Caos di J. Gleick).

1 commento:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie