domenica, gennaio 20, 2008

Ipersemplificazioni sul clima.


Credo che l'attività svolta dal IPCC (International Panel on Climate Change) e la sua stessa esistenza siano una buona notizia per noi tutti: questo istituto, che ha sede in Svizzera, si occupa dello studio dei cambiamenti climatici e fornisce informazioni a supporto delle decisioni per la società, i governi e le istituzioni internazionali.
Nell'attuale contesto di pressing mediatico sull'argomento clima qualcuno potrebbe allora faticare a comprendere le ragioni della cautela dimostrata dal IPCC nell'affermare che le attività umane siano con molta probabilità la causa del cambiamento climatico. La relazione causa-effetto è considerata molto probabile nell'ultimo Rapporto Sintetico per i Decisori Politici del 2007 (disponibile qui), era solo probabile nel precedente rapporto del 2001.
La reazione istintiva è forse di sorpresa: come mai solo molto probabile, quando l'opinione comune è che questo nesso sia ormai certo.

Così non è. L'IPCC raggruppa e analizza risultati di ricerche condotte da diversi enti di ricerca sul pianeta, mettendoli in relazione gli uni con gli altri nell'apprezzabile intento di fornire una visione condivisa degli eventi climatici. Per la massima parte questo è un lavoro effettuato con strumenti statistici, e consiste nella correlazione di dati tra loro. Il risultato statistico fornisce una probabilità che due o più serie di dati siano in relazione tra loro. Il nesso causa-effetto in statistica non è mai certo. Diventa certo quando vi è evidenza sperimentale della fenomenologia, e a quel punto diventa comprensibile quando si riescono a scrivere le equazioni del sistema o almeno si riesce a sviluppare un modello artificiale sufficientemente attendibile del fenomeno.
Questo aspetto viene rilevato da molti scienziati nel mondo che hanno spesso un atteggiamento critico nei confronti dell' IPCC, che è accusato di spacciare per scienza ciò che è soprattutto un dossier di osservazioni e per previsione ciò che non può andare al di là di una proiezione di dati ancora da verificare. Le differenze non sono sottili per chi si occupa seriamente di ricerca scientifica, come il Prof. Guido Visconti che ha pubblicato su Le Scienze le sue critiche all'ultimo rapporto dell'istituto svizzero. In particolare Visconti ha messo in guardia da quelle che lui chiama
ipersemplificazioni dovute all'uso di modelli lineari nell'analisi di fenomeni complessi.

Su questo punto sono d'accordo con lui: oggi la scienza è ancora lontana da una vera comprensione del clima, le lacune del IPCC lo dimostrano. Altro punto su cui sono d'accordo è l'ingiustificato catastrofismo mediatico: se le previsioni oggi non possono essere supportate da veri risultati scientifici, allora le conclusioni che parlano di imminenti catastrofi climatiche sono falsità che millantano un rigore scientifico di cui sono prive.

L'ipotesi con cui ci sentiamo istintivamente più confidenti per via del nostro retaggio culturale è quella dell'esistenza di una "legge del clima" profonda e complessa che sfugge alla nostra comprensione: una nuova legge della natura, le cui equazioni sono alla nostra portata, che tuttavia è ancora intangibile a causa delle limitatezza e imperfezione dei nostri strumenti e della nostra conoscenza scientifica. Qualcosa insomma che appartiene all'insieme delle scoperte scientifiche che certamente si faranno nel (prossimo) futuro.
Perfino in questa cornice, però, dobbiamo pensare che il clima potrebbe essere espressione di un sistema complesso e caotico, il cui spazio di stato è finito ma diviso in più bacini di attrazione frattali o "bucherellati" (riddled), ognuno dei quali afferisce ad un attrattore dinamico diverso dagli altri del sistema. Ne basterebbe uno per far sì che questo sistema esibisse una dinamica assolutamente incomprensibile ai nostri occhi, apparentemente casuale. Con un secondo attrattore ecco che vedremmo dei fenomeni che saltano da una dinamica ad un'altra completamente diversa per una piccola perturbazione, talmente diversa dalla fenomenologia cui siamo abituati da apparirci un cambiamento catastrofico. Questo tipo di dinamica ipotetica è del tutto in linea con quella comune delle cronache dei nostri giorni, sia se si parla di cambiamenti cosiddetti repentini (un uragano, un'alluvione) sia se si parla di cambiamenti a lungo termine (es. global warming).
Questa idea non è neanche una vera ipotesi, tuttavia non può neanche essere esclusa allo stato attuale delle conoscenze sul clima del pianeta. Forse le attività antropiche, giustamente al banco degli imputati, potrebbero avere operato quella perturbazione che adesso sta spostando la dinamica del clima verso un nuovo attrattore.
Ma, ovviamente, perfino questo scenario potrebbe essere ancora irrealisticamente semplice per il sistema dinamico clima terreste: tanto vale allora, in questa situazione di totale incertezza, non operarla proprio una tale perturbazione o correggerla al più presto, perché il nuovo attrattore potrebbe essere assai meno confortevole del vecchio. Su questo punto dovremmo essere tutti d'accordo, compresi IPCC e prof. Visconti.
Quella di comprendere a tal punto la dinamica del clima da poterla controllare, e quindi di adattare artificialmente il clima terrestre alle emissioni antropiche è una via molto pericolosa da seguire visto l'esito così tanto incerto. Bisogna accettare l'ipotesi che non avremo mai un controllo sufficiente su sistemi talmente complessi e assolutamente imprevedibili sulle grandi come sulle piccole scale spaziali e temporali: questo è sicuramente l'approccio più scientificamente sensato.

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