mercoledì, dicembre 27, 2006

Il codice genetico dei sistemi viventi: perchè non siamo alla fine della storia.


I grandi risultati della biologia molecolare, a cui spesso ci si riferisce parlando di decifrazione del codice genetico, ci hanno fatto pensare che le sequenze di geni nel DNA siano una sorta di computer biochimico che esegue un programma genetico. Tuttavia, recenti ricerche hanno dimostrato con evidenza sempre maggiore che una simile concezione è affatto sbagliata. In realtà essa è altrettanto inadeguata quanto lo è la metafora del cervello come computer che elabora l'informazione. L'insieme completo dei geni di un organismo, cioè il suo genoma, forma un'enorme rete interconnessa, ricca di anelli di retroazione, in cui i geni regolano reciprocamente le proprie azioni in modo diretto o indiretto.
Fritjof Capra - La rete della vita.

martedì, dicembre 26, 2006

Complessità e catastrofi

La nostra ricerca delle origini delle configurazioni naturali sta rivelando profondità filosofiche. La vecchia idea era semplice: l'universo può sembrare complesso, ma tutto segue semplici leggi matematiche. Le regolarità della natura che noi chiamiamo configurazioni sono la prova, e la diretta conseguenza, della semplicità di queste leggi. A questo punto, tuttavia, il legame tra leggi e configurazioni - tra causa ed effetto - inizia a non sembrare più tanto semplice.


Ian Stewart - Che forma ha un fiocco di neve?

mercoledì, ottobre 04, 2006

Cinque cose che non mi sono piaciute del governo

1. La grazia a Bompressi: non interamente ascrivibile all'esecutivo, e forse giusta nel merito, ma sbagliata per scelta dei tempi (non era certamente una priorità da mettere in campo come primo provvedimento).
2. L'indulto: il problema del sovraffollamento delle carceri andava affrontato sul piano delle infrastrutture, non con un atto di indulgenza. La "legalità calpestata" portata in processione contro il governo Berlusconi è stata facilmente sacrificata per un provvedimento impopolare che ha rimesso in libertà anche delinquenti pericolosi, nonostante i sentimenti di ansiosa insicurezza vissuti in larghi strati della popolazione, sepcialmente nei quartieri metropolitani più a rischio.
3. Il decreto Bersani: dopo anni passati a predicare la concertazione, il governo aggredisce alcune categorie di lavoratori non riconducibili ai grandi sindacati (CGIL in cima a tutti) colpendo dei diritti acquisiti (es. le licenze dei taxi) senza un benchè minimo segno di dialogo preventivo.
4. Le dimissioni di Tronchetti-Provera, la vicenda più grave: Prodi induce l'A.D. Telecom alle dimissioni dopo aver scandalosamente rivelato alcune trattative segrete tra Telecom e altri gruppi (Time Warner, General Electric, gruppo Murdoch) in vista del traguardo media-company, che Tronchetti-Provera aveva confidato al Presidente del Consiglio nel corso di alcuni incontri. Gli incontri servivano a Tronchetti-Provera a scongiurare il ricorso alla golden-share da parte del Tesoro - dirà poi il manager in un'intervista rilasciata al Financial Times - nel caso di scorporo della TIM. Prodi invece imbastisce manovre non chiare apparentemente finalizzate a ricondurre Telecom sotto il controllo pubblico. Sputtanato, è costretto a dimettere il suo consigliere economico (Rovati) rimasto col cerino in mano. Poi compie il gesto più grave di tutti: costretto a riferire al Parlamento, mente al Paese dichiarando di essere stato all'oscuro della faccenda, rifiutando di fatto di fare chiarezza su uno degli episodi più oscuri degli ultimi anni.
5. Manovra finanziaria: dopo avere urlato a squarciagola che il centro-sinistra non avrebbe alzato le tasse, il governo aumenta la pressione fiscale sui lavoratori con reddito superiore a € 40k/anno di un punto percentuale. Non contento, con acrobazie degne della migliore finanza creativa tanto criticata dall'opposizione nella precedente legislatura, fa di peggio: ascrive il TFR transitato nelle casse INPS tra le "attività" nel bilancio dello stato, creando le condizioni perchè i prossimi governi ostacolino la transizione del TFR alla previdenza integrativa, dimenticando che il TFR è un debito verso i lavoratori, non un'entrata dello stato.

lunedì, ottobre 02, 2006

Giù le mani dal TFR

La legge finanziaria è al centro dell'attualità in questi giorni, lo sarà ancora nei prossimi.
Il governo di centro sinistra dovrebbe essere l'espressione degli interessi delle classi più deboli, quel 90% e più di contribuenti che guadagnano meno di 40 mila euro lorde all'anno, i quali otterranno qualche beneficio fiscale dai nuovi scaglioni irpef.
Quegli stessi lavoratori, soprattutto i più giovani, saranno presto chiamati a dirottare il proprio tfr verso fondi pensione, oppure questi loro soldi andranno a finire all'inps, che certo in passato non ha brillato per solvibilità nei confronti degli impegni presi (leggi: pensioni).
Il lato più inquietante della manovra, quello che la avvicina di più alle tante operazioni di finanza creativa varate nella scorsa legislatura, consiste nel trasferimento all’Inps (e poi ad un fondo per il finanziamento delle infrastrutture) della parte di trattamento di fine rapporto (Tfr) accumulato dagli individui ogni anno, e non dirottato ai fondi pensione. Si tratta, in altre parole, di un prestito forzoso per finanziare spese infrastrutturali ottenuto trasferendo dalle imprese allo stato un debito nei confronti dei lavoratori dipendenti che non eserciteranno l’opzione di trasferire il Tfr ai fondi pensione.

Questo scrivono Boeri e Garibaldi su lavoce.info. E aggiungono:
questa misura rischia di diventare la pietra tombale sulla speranza di creare dei fondi pensione in Italia perché indurrà questo Governo e quelli successivi ad ostacolare in tutti i modi i flussi verso i fondi pensione (significa meno entrate per lo Stato). Dunque e’ un’operazione che va svantaggio dei lavoratori più giovani, quelli che hanno maggiormente bisogno di previdenza integrativa per garantirsi un reddito adeguato quando andranno in pensione.

Condivido al 100%: Prodi, giù le mani dal tfr!

domenica, ottobre 01, 2006

Non scagioniamo il comunismo.

C'è un nesso oggettivo tra gli errori della teoria e gli errori della prassi. Un suo frutto è il negazionismo comunista, ovvero la tendenza a negare la portata degli orrori o a circoscriverli a deviazioni improprie dal percorso originario. Le intenzioni erano buone, gli esiti malvagi: è l'alibi intellettuale per scagionare il comunismo.


Marcello Veneziani, La cultura della destra.

mercoledì, settembre 13, 2006

Peccato originale lineare.

Perciò, invece di descrivere i fenomeni nella loro piena complessità, le equazioni della scienza classica trattano di piccole oscillazioni, onde superficiali, piccole variazioni di temperatura eccetera. [...] Questa abitudine si radicò a tal punto che molte equazioni venivano linearizzate mentre le si formulava, cosicchè nei manuali scientifici non comparivano nemmeno le complete descrizioni non lineari. Di conseguenza, la maggior parte degli scienziati e degli ingegneri finì per credere che praticamente tutti i fenomeni naturali potessero essere descritti da equazioni lineari.


Fritjof Capra, La rete della vita.

venerdì, aprile 07, 2006

Il plagio


Il rapido epilogo della vicenda che ha visto l'autore del best seller "Il Codice Da Vinci" assolto dall'accusa di avere plagiato l'opera "Il Santo Graal" di Baigent, Lincoln e Leigh mi ha offerto lo spunto per alcune riflessioni su uno dei temi più importanti dell'attualità: il diritto d'autore e la tutela dei brevetti.
Per semplicità tiriamo in ballo soltanto il diritto d'autore.
La corte inglese ha concluso che, seppure Dan Brown ha utilizzato l'opera, scritta circa venti anni prima del suo libero, come fonte, egli non ha "copiato" l'idea del romanzo dalle ipotesi esposte nel saggio dei tre autori inglesi.
Sembrerebbe scontato, eppure il fatto di avere creato una trama romanzesca ispirandosi alle ipotesi giornalistiche esposte in un saggio-inchiesta (che è tra l'altro una lettura davvero intrigante) rischiava di essere considerato un caso di plagio: altrimenti i due autori sopravvissuti del "Santo Graal" non avrebbero intentato la causa.
E' proprio questo l'oggetto della mia riflessione: può un'elaborazione di teorie, più o meno sensate, ma senza dubbio opera dell'ingegno degli autori, in qualunque forma esposte (libro, reportage, documentario) essere meritoria di una tutela talmente forte da considerare un'eventuale opera che da una tale teoria prende le mosse, o ad essa si ispira, o che comunque ad essa si può ricondurre, come un plagio?
Mi sembra che si stia superando il segno.
Viviamo in un'epoca in cui il clima terroristico che circonda il tema della proprietà intellettuale, generato da poche - e ben visibili - parti che vedono in pericolo i propri interessi di editori e distributori di contenuti a causa dell'"aggressione" digitale, sta generando "mostri" come quello che sono stati chiamati a considerare i giudici inglesi.

mercoledì, aprile 05, 2006

Solare: perchè in Italia non se ne parla?


Da qualche mese (anche prima dei tagli di Gazprom) ci siamo svegliati con la sorpresa di una nuova crisi energetica, tanto più preoccupante in quanto alla già vertiginosa ascesa del prezzo del petrolio si è aggiunta la flessione della distribuzione di gas naturale ad opera della Russia.
Tanto è bastato per fare riemergere il dibattito sull'energia nucleare archiviato in Italia successivamente al referendum del 1987.
Personalmente, ho spesso pensato che la grande rinuncia del nostro paese nei confronti di una risorsa energetica alternativa alle fonti fossili sia stata fatta con superficialità e scarsa consapevolezza, ancorchè in piena libertà. Il referendum popolare ha espresso una posizione molto ampia in sfavore dello sfruttamento a fini civili della tecnologia nucleare, circa un anno dopo il terribile incidente di Chernobyl, quindi sicuramente sull'onda emotiva causata dalle notizie che venivano dalla Russia, dall'Ucraina e dalla Bielorussia.
Vent'anni dopo quei spaventosi fatti, sappiamo dal Chernobyl Forum (organizzazione istituita da IAEA, OMS, FAO e governi dei paesi maggiormente coinvolti dalle ricadute radioattive causate dall'incidente) che i morti effettivi da allora ad oggi sono 58, e che per ora non è stata registrata una variazioni significativa dell'incidenza di tumori attribuibili all'incidente, per quanto tale dato debba essere sicuramente rivisto nel tempo dal momento che il tempo di insorgenza di certe patologie tumorali legate alla esposizione a radioattività è di almeno 10-15 anni. Lo studio del Chernobyl Forum indica il numero di decessi possibili per effetto a lungo termine di tumori insorti a causa dell'inquinamento radioattivo in 4000 - 9000.
Non mi dilungo oltre sulle cifre e le considerazioni, sicuramente non sintetizzabili qui. Il rapporto è disponibile on line sul sito del IAEA.
Certo l'incidente di Chernobyl ha influenzato - e continuerà ad influenzare - negativamente l'opinione che ognuno di noi ha sulla possibilità di una revisione della posizione italiana riguardo l'energia nucleare, alimentando paure che si sono installate nella coscienza collettiva fin dalle ecatombi di Hiroshima e Nagasaki, e via via rinnovate da un certo filone apocalittico nel cinema e nella narrativa.
Sappiamo che oggi la tecnologia è molto più sicura, ma gli argomenti contrari al nucleare sono ancora forti e, a mio avviso convincenti, e vanno dai costi elevatissimi della tecnologia e dei combustibili, all'elevato impatto ambientale anche legato alla difficoltà dello "smaltimento" dei rifiuti radioattivi in modo sicuro, fino al rischio d'area di questo tipo di impianti (anche ammesso che la probabilità di un incidente fosse molto bassa, resta pur sempre vero che l'entità delle conseguenze sulla popolazione e sull'ambiente sarebbe incalcolabile). Senza contare che certi reflui di produzione (il plutonio) sono impiegabili per la fabbricazione di armi, e i siti di produzione stessi possono diventare oggetto di attentati terroristici vista la loro criticità.
Ciononostante in Italia si sta inaugurando una nuova campagna di promozione dell'energia nucleare come se essa fosse l'unica alternativa energetica al petrolio. Ma lo è davvero?
No. La tecnologia per lo sfruttamento dell'energia solare, in forme diverse, è matura e accessibile. Inutile dire che l'energia solare è rinnovabile e può essere sfruttata in senza produrre scorie nocive.
Già oggi, nel mondo, la produzione di energia da fonti rinnovabili supera quella nucleare, che sta invece conoscendo un declino nei paesi in cui è stata adottata da 40 anni fa ad oggi.
La tecnologia Concentrating Solar Power (CSP) è assolutamente matura ed economica, ed è stata utilizzata per la costruzione di centrali elettriche pubbliche ad energia solare della capacità di diverse centinaia di MW negli USA, in Germania, in Israele.
Altri Paesi (perfino la nuvolosa Olanda) hanno avviato studi di fattibilità e progetti pilota.
Incredibilmente, da noi neanche se ne parla. Il nostro paese si estende attraverso latitudini eccellenti dal punto di vista dell'irraggiamento solare. Eppure neanche i Verdi hanno promosso uno studio serio per affiancare questo tipo di tecnologia per la produzione di energia elettrica.
Da non esperto, sono disposto a credere che questa possa rivelarsi una via non percorribile per ragioni di tipo economico o tecnico, nonostante i numerosi studi compiuti tendano a dimostrare l'esatto contrario (uno per tutti, lo studio condotto dal International Solar Energy Society, ONG accreditata dall'ONU, pubblicato nella sezione White Papers del suo sito web). Ma trovo inaccettabile che la nostra classe politica si stia avventurando nuovamente sulla strada del nucleare senza promuovere un dibattito serio sull'alternativa solare.
Timidamente, qualche amministrazione locale, con inaccettabile ritardo, ha promosso delle normative che obbligano l'adozione di pannelli solari per le nuove costruzioni. Mi sembra davvero troppo poco.

venerdì, marzo 31, 2006

Digital Rights Management: un anacronismo.


La storia è senza dubbio piena di casi in cui opere dell'ingegno hanno ispirato altre opere dell'ingegno di differenti autori, in un circolo virtuoso che ha probabilmente caratterizzato lo sviluppo dell'esperienza artistica, creativa ed anche scientifica dell'uomo. Ma è solo negli ultimi due secoli, dalla rivoluzione industriale in poi, che i concetti di brevetto e diritto d'autore, così come noi oggi li conosciamo, hanno fatto la comparsa sulla scena a tutela della proprietà intellettuale e delle difesa di interessi economici e commerciali. Fino ad allora, la circolazione delle idee ha goduto di una naturale libertà, limitata soltanto dai casi in cui la censura o la sicurezza degli Stati hanno avuto il sopravvento. Le idee rischiano oggi di diventare proprietà privata.
Nel caso dei contenuti digitali, qualcuno lo ha recentemente ribadito, come anche fatto efficacemente una decina di anni fa da Nicholas Negroponte nel suo celeberrimo "Being Digital": sono i modelli di business che devono adeguarsi alla nuova realtà del mercato.
Vedi DRM a go-go.

sabato, marzo 18, 2006

Destra o sinistra


Io non nascondo che provo sempre un grande disagio personale quando qualcuno cerca di sintetizzare le mie opinioni politiche attribuendomi un'etichetta: di destra, o di sinistra; democristiano, o socialista; etc. Io non riesco a riconoscermi in una corrente politica storicamente definita. Ci sono invece tanti che lo fanno senza alcun tentennamento, e si fanno un vanto di avere sempre votato da una stessa parte. Più di una volta ho tentato l'esperimento di comprendere le ragioni vere, profonde, di questi campioni della certezza elettorale.
Sono arrivato alla conclusione che le uniche ragioni, a distanza di tanti decenni, sono quelle delle ideologie comunista e fascista, o quelle dell'anticomunismo o dell'antifascismo. Ideologie, insomma, storicamente rilevantissime, ma che hanno fatto il loro tempo. E i fatti che, in ultima analisi, sono portati da costoro a sostegno e argomentazione delle loro convinzioni, sono ancora quelli che risalgono all'epoca dei nostri nonni.
Nell'Italia del 2006 le uniche persone (e sono tante) che sanno già da dieci anni per quale schieramento o partito voteranno nel 2011, lo fanno sulla base di ideologie anacronistiche, e spinti da sentimenti di revanscismo o di antagonismo per fatti avvenuti quasi un secolo fa, di cui conoscono pochissimo.
Ci sono, quindi, milioni di italiani che hanno deciso per chi votare, oppure per chi non votare, a priori. Credo che questa sia una pesantissima tara, eredità di fatti che si devono conoscere e studiare collocandoli nel loro preciso contesto storico; ma fatti che non riguardano la maggior parte di noi, che non eravamo neanche nati all'epoca in cui si svolsero. Fatti, quindi, che non devono indurci alla partigianeria acritica.
Gravissimo è che i partiti politici non trovino di meglio che richiamarsi, più o meno implicitamente, a valori ed eventi che non ci appartengono più. Sbagliano essi mantenere vivi questi legami a principi disutili per la società. E sbagliano i cittadini a colmare le proprie lacune storiche e culturali rifugiandosi nella partigianeria politica, di qualunque colore essa sia.