domenica, ottobre 12, 2008

Reti Sociali e P2P: il principio da difendere.


Ancora una sconfitta per le major della musica nella loro crociata per la santificazione del copyright: una trentenne americana disoccupata ha vinto la causa che la vedeva incriminata per lo scambio di file protetti da copyright tramite applicazioni peer to peer.
Qualche giorno prima era arrivata anche la decisione del tribunale del riesame di Bergamo di rimuovere il sequestro preventivo del sito The Pirate Bay (come se un server in Svezia possa essere sequestrato in Italia - perdonatemi la semplificazione, sono sicuro che tutti sappiamo di che si parla).
Queste sono le notizie che arrivano dal fronte della guerra santa tra le major discografiche e il resto del mondo, che si combatte sul filo del peer-to-peer, questa idra dalle molte teste che non lascia dormire gli avvocati dei grandi editori musicali.
Eppure noi sappiamo che la comunicazione peer to peer è in fondo un modello molto semplice per lo scambio di dati all'interno di una rete sociale.
Il Social Networking, infatti, non è soltanto la pratica di costruire dei grafi on-line in cui noi stessi diventiamo il link che mette in relazione diretta i profili virtuali dei nostri contatti, come accade con LinkedIn, Facebook, Plaxo Pulse e via cantando. E' la possibilità di tenersi in contatto e comunicare con persone con cui si condividono interessi e passioni.
Con l'avvento del Web prima, e delle nuove tecniche e funzionalità telematiche che vanno sotto il nome generico di Web 2.0 poi, ci si è offerta la possibilità di allargare la nostra cerchia di conoscenze e (perché no?) amicizie anche al di là delle possibilità offerte dalle frequentazioni della realtà quotidiana. Questo non vuol dire che ci teniamo in contatto con entità virtuali, ma persone vere e proprie in carne e ossa, tanto è vero che nelle reti sociali diventano importanti qualità come la reputazione.
E il peer to peer è il modello di comunicazione che meglio si adatta a questo tipo di realtà: se prima potevo soltanto invitare i miei amici a casa per condividere con loro la musica che mi piaceva ascoltando lo stereo, oggi posso farlo trasmettendo i brani che preferisco su quella radio privata wired che è il mio network sociale. Questo è il punto cruciale del discorso, ed il principio da difendere.
Da Shannon e Nyquist in poi, l'informazione analogica di qualunque natura è stata ridotta alla sua componente fondamentale: sequenze di bit. E come tale è diventata suscettibile di archiviazione, di riproduzione e di trasmissione. Il fatto che non sia possibile comunicare un brano impedendone l'archiviazione è una realtà fisica, un principio primo come l'indeterminazione di Heisenberg. Ciò che si può comunicare o riprodurre si può anche archiviare nell'era dell'informazione, e viceversa. Rompere questa relazione è come andare alla ricerca del moto perpetuo, come violare il secondo principio della termodinamica, oppure - per meglio rendere il fanatismo delle grandi case discografiche - come inseguire il Santo Graal.
L'interesse privato delle major non deve soverchiare il diritto privato del singolo cittadino, e delle comunità sociali di cui esso partecipa.
In un recente lavoro sull'Ipotesi dell'Intelligenza Sociale nell'evoluzione dell'uomo, il ricercatore e filosofo australiano Kim Sterelny ha osservato:
L'idea di base è che il grado di sofisticazione dell'intelligenza dei primati è il risultato della risposta adattativa alla complessità dell'ambiente sociale in cui i primati agiscono.
[...] La retroazione tra capacità individuale e complessità sociale fa dell'intelligenza sociale l'ipotesi della costruzione di una nicchia: l'evoluzione della cognizione umana dipende da contingenze ambientali che sono state generate dagli uomini stessi.
[...] E' la combinazione delle crescenti necessità di informazioni dell'attività di estrazione di risorse e la crescente complessità degli ambienti sociali che guida l'evoluzione degli ultimi ominidi.

Nella nostra società complessa e (iper?)-connessa la comunicazione è fondamentale per la vita sociale di ciascuno di noi: la sua moderna amplificazione è una conseguenza dei tempi, non un'aberrazione criminale e pirata, anche laddove questa comunicazione passa per la riproduzione di un brano o di un video che giudichiamo ci rappresentino. Video, brani, testi devono essere visti come metafore virtuali e multimediali del nostro io che vogliamo e dobbiamo comunicare agli altri per rappresentare noi stessi, e che possono essere ri-elaborati, re-mixati, mescolati, campionati da noi per consentire la nostra libera espressione: quindi si anche ai mesh-up.
Altrimenti ci dovremmo rassegnare ad essere soltanto i ricettori passivi di un'informazione generata come sotto-prodotto del profitto, e diffusa nelle nostre teste in ogni momento dalla pubblicità contenuta nei tanti mass-media.

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