venerdì, aprile 07, 2006

Il plagio


Il rapido epilogo della vicenda che ha visto l'autore del best seller "Il Codice Da Vinci" assolto dall'accusa di avere plagiato l'opera "Il Santo Graal" di Baigent, Lincoln e Leigh mi ha offerto lo spunto per alcune riflessioni su uno dei temi più importanti dell'attualità: il diritto d'autore e la tutela dei brevetti.
Per semplicità tiriamo in ballo soltanto il diritto d'autore.
La corte inglese ha concluso che, seppure Dan Brown ha utilizzato l'opera, scritta circa venti anni prima del suo libero, come fonte, egli non ha "copiato" l'idea del romanzo dalle ipotesi esposte nel saggio dei tre autori inglesi.
Sembrerebbe scontato, eppure il fatto di avere creato una trama romanzesca ispirandosi alle ipotesi giornalistiche esposte in un saggio-inchiesta (che è tra l'altro una lettura davvero intrigante) rischiava di essere considerato un caso di plagio: altrimenti i due autori sopravvissuti del "Santo Graal" non avrebbero intentato la causa.
E' proprio questo l'oggetto della mia riflessione: può un'elaborazione di teorie, più o meno sensate, ma senza dubbio opera dell'ingegno degli autori, in qualunque forma esposte (libro, reportage, documentario) essere meritoria di una tutela talmente forte da considerare un'eventuale opera che da una tale teoria prende le mosse, o ad essa si ispira, o che comunque ad essa si può ricondurre, come un plagio?
Mi sembra che si stia superando il segno.
Viviamo in un'epoca in cui il clima terroristico che circonda il tema della proprietà intellettuale, generato da poche - e ben visibili - parti che vedono in pericolo i propri interessi di editori e distributori di contenuti a causa dell'"aggressione" digitale, sta generando "mostri" come quello che sono stati chiamati a considerare i giudici inglesi.

mercoledì, aprile 05, 2006

Solare: perchè in Italia non se ne parla?


Da qualche mese (anche prima dei tagli di Gazprom) ci siamo svegliati con la sorpresa di una nuova crisi energetica, tanto più preoccupante in quanto alla già vertiginosa ascesa del prezzo del petrolio si è aggiunta la flessione della distribuzione di gas naturale ad opera della Russia.
Tanto è bastato per fare riemergere il dibattito sull'energia nucleare archiviato in Italia successivamente al referendum del 1987.
Personalmente, ho spesso pensato che la grande rinuncia del nostro paese nei confronti di una risorsa energetica alternativa alle fonti fossili sia stata fatta con superficialità e scarsa consapevolezza, ancorchè in piena libertà. Il referendum popolare ha espresso una posizione molto ampia in sfavore dello sfruttamento a fini civili della tecnologia nucleare, circa un anno dopo il terribile incidente di Chernobyl, quindi sicuramente sull'onda emotiva causata dalle notizie che venivano dalla Russia, dall'Ucraina e dalla Bielorussia.
Vent'anni dopo quei spaventosi fatti, sappiamo dal Chernobyl Forum (organizzazione istituita da IAEA, OMS, FAO e governi dei paesi maggiormente coinvolti dalle ricadute radioattive causate dall'incidente) che i morti effettivi da allora ad oggi sono 58, e che per ora non è stata registrata una variazioni significativa dell'incidenza di tumori attribuibili all'incidente, per quanto tale dato debba essere sicuramente rivisto nel tempo dal momento che il tempo di insorgenza di certe patologie tumorali legate alla esposizione a radioattività è di almeno 10-15 anni. Lo studio del Chernobyl Forum indica il numero di decessi possibili per effetto a lungo termine di tumori insorti a causa dell'inquinamento radioattivo in 4000 - 9000.
Non mi dilungo oltre sulle cifre e le considerazioni, sicuramente non sintetizzabili qui. Il rapporto è disponibile on line sul sito del IAEA.
Certo l'incidente di Chernobyl ha influenzato - e continuerà ad influenzare - negativamente l'opinione che ognuno di noi ha sulla possibilità di una revisione della posizione italiana riguardo l'energia nucleare, alimentando paure che si sono installate nella coscienza collettiva fin dalle ecatombi di Hiroshima e Nagasaki, e via via rinnovate da un certo filone apocalittico nel cinema e nella narrativa.
Sappiamo che oggi la tecnologia è molto più sicura, ma gli argomenti contrari al nucleare sono ancora forti e, a mio avviso convincenti, e vanno dai costi elevatissimi della tecnologia e dei combustibili, all'elevato impatto ambientale anche legato alla difficoltà dello "smaltimento" dei rifiuti radioattivi in modo sicuro, fino al rischio d'area di questo tipo di impianti (anche ammesso che la probabilità di un incidente fosse molto bassa, resta pur sempre vero che l'entità delle conseguenze sulla popolazione e sull'ambiente sarebbe incalcolabile). Senza contare che certi reflui di produzione (il plutonio) sono impiegabili per la fabbricazione di armi, e i siti di produzione stessi possono diventare oggetto di attentati terroristici vista la loro criticità.
Ciononostante in Italia si sta inaugurando una nuova campagna di promozione dell'energia nucleare come se essa fosse l'unica alternativa energetica al petrolio. Ma lo è davvero?
No. La tecnologia per lo sfruttamento dell'energia solare, in forme diverse, è matura e accessibile. Inutile dire che l'energia solare è rinnovabile e può essere sfruttata in senza produrre scorie nocive.
Già oggi, nel mondo, la produzione di energia da fonti rinnovabili supera quella nucleare, che sta invece conoscendo un declino nei paesi in cui è stata adottata da 40 anni fa ad oggi.
La tecnologia Concentrating Solar Power (CSP) è assolutamente matura ed economica, ed è stata utilizzata per la costruzione di centrali elettriche pubbliche ad energia solare della capacità di diverse centinaia di MW negli USA, in Germania, in Israele.
Altri Paesi (perfino la nuvolosa Olanda) hanno avviato studi di fattibilità e progetti pilota.
Incredibilmente, da noi neanche se ne parla. Il nostro paese si estende attraverso latitudini eccellenti dal punto di vista dell'irraggiamento solare. Eppure neanche i Verdi hanno promosso uno studio serio per affiancare questo tipo di tecnologia per la produzione di energia elettrica.
Da non esperto, sono disposto a credere che questa possa rivelarsi una via non percorribile per ragioni di tipo economico o tecnico, nonostante i numerosi studi compiuti tendano a dimostrare l'esatto contrario (uno per tutti, lo studio condotto dal International Solar Energy Society, ONG accreditata dall'ONU, pubblicato nella sezione White Papers del suo sito web). Ma trovo inaccettabile che la nostra classe politica si stia avventurando nuovamente sulla strada del nucleare senza promuovere un dibattito serio sull'alternativa solare.
Timidamente, qualche amministrazione locale, con inaccettabile ritardo, ha promosso delle normative che obbligano l'adozione di pannelli solari per le nuove costruzioni. Mi sembra davvero troppo poco.